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Visualizzazione dei post da 2023

Persone

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«Le persone più sveglie che conosco sognano di continuo. Le persone più sane che conosco fanno cose assurde, avventate, senza senso. Le più intelligenti parlano che le capiscono anche i bambini, le più forti è un sussurro la loro voce, e le più serie ridono, ridono sempre. Le più giuste hanno fatto errori che non si aggiustano e le più vive, le più vive, sono morte tante volte: e ogni volta, poi, di nuovo, di nuovo sono nate.» Enrico Galiano - L'arte di sbagliare alla grande, 2020

Essere MADRE

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“Io mi dissolvo e tu divieni reale (…) di volta in volta ti crei in me. Non siamo vivi, ricordi ? Ma è vivo tutto ciò che hai scritto (…)”.  ♡ D.Grossman  

In lei

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La memoria della donna che l'ha generata è stata inghiottita dal tempo. Silenzio nella casa e nei corridoi. Una bambina volteggia, guardandosi allo specchio. Ombre. Le vecchie poltrone di velluto verde.  Tutti gli oggetti scelti, i quadri, i fiori che impallidiscono nei vasi. I cristalli del lampadario. I suoi pensieri, il suo sguardo su sua figlia: tutto è scomparso. È svanita la sua coscienza di madre. Il mondo è silenzioso. (Il buio gorgo del nulla ha inghiottito il ricordo di lei come figlia). I rimproveri, le parole, il dito puntato a forare l'aria. Le lettere, le parole vane. L'amore. Lei non è più con lei, in lei. 

Detriti - Giuseppina Luongo Bartolini ~ nota critica di Francisco Soriano

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(Ringrazio il poeta Francisco Soriano per le parole dedicate a " Detriti " - raccolta di haiku di mia madre -, apparse su "Retroguardia", quaderno di critica letteraria a cura di Francesco Sasso e Giuseppe Panella). RETROGUARDIA 3.0 – Miscellanea Il verso inverso n.5: Giuseppina Luongo Bartolini, “Detriti. haiku ed altre terzine” 4 Ottobre 2023 Giuseppina Luongo Bartolini, Detriti.haiku ed altre terzine, Gazebo, 2002. pp.112 di  Francisco Soriano . Gli haiku sono bagliori, incandescenze, privazioni, silenzi, cecità. L’immagine fugace deve rendere rapida una rappresentazione: talvolta simultanea ad altre, qualche altra volta si inerpica sui sentieri dello spirito e fra le ellissi imperfette. Gualcisce fiori / la curva del tempo / nella clessidra – sono versi di emblematica e asimmetrica bellezza: nella corporeità di una clessidra, involucro del tempo che si arresta, fluisce senza conciliarsi né con il circolare moto orientale né con il lineare susseguirsi di diafra

Per amore

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 Se è per amore, ci verrà perdonato, resteranno dopo di noi letti sfatti e città iniziate, tende schiuse, oggetti appena sfiorati e un po’ di stoviglie sporche. Se è per amore, non resterà dopo di noi il vuoto, c’è una tale innata discordanza grammaticale, il vuoto non può abitare in luoghi segnati dai nostri corpi, usciranno da essi piuttosto bambini, paesi e tutti i colori. Se è per amore, dalla nostra parte ci saranno animali, cani abbandonati. Loro ci perdoneranno l’immobilità e lo sguardo perso in qualche punto in noi. Saremo sdraiati e ci cammineranno sopra giorni e correnti. Costruiranno su di noi una città e liberi elettroni si affolleranno su di noi, ronzeranno, e i sogni, i sogni saranno nostri per sempre. Tomasz Różycki - Secondo ipotico

Ancora per poco

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" La mia fede nella minima mia vicenda" Giuseppina Luongo Bartolini   Madre. Da oggi in poi tutti i verbi saranno al passato. È accaduto. Un corto circuito, un lampo.  Entra ancora aria, nelle tue stanze. Ancora per poco, poi chiuderemo le serrande. Sul comodino D. ha lasciato un bicchiere d’acqua. La sua devozione religiosa mi consola. Sul cuscino il tuo viso era integro, dopo. Era, ancora per poco, quello che conoscevo prima che scomparisse per sempre. Ma ora: ecco l'immagine di te alla finestra davanti al mare. Sei di spalle, indossi una sottoveste nera. Mi sorprende, nel guardarti, la tua schiena di ragazza. Sono istantanee senza cronologia.   Ti rivedo che leggi e sollevi leggermente il viso per seguire un'ombra lontana. Ti spio mentre metti il rossetto, sporgendo il busto verso lo specchio, una collana di perle al collo. Sono appena una bambina e ti guardo: penso che sei bellissima. Ti vedo a Ravello, vestita di nero, vedova da poco. Ho davanti agli occ

Creta, finalmente

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E dunque, Creta. Perché ho aspettato tanto per conoscerla? La più grande isola greca, bagnata dall'Egeo e dal mar Libico, famosa per la sua storia e per la sua cucina. C'era stata un'amica, molti anni fa. Ricordavo bene i suoi racconti e le avrei chiesto qualche dritta, se poi non ci fossimo perse di vista (si può liquidare con queste parole la fine di un'amicizia importante ? La scrittura mente davvero con facilità). Dunque si parte. Ancora una tappa in Grecia,  terra amata. Heraklion è davanti a noi, con le sue strade, i vicoli disordinati, le case fatiscenti della periferia. Rutilante, rumorosa, orgogliosa città di mare, mediterranea e decadente. Il suo Museo archeologico è imperdibile, proprio come leggevo nella guida turistica che mi sono portata dietro. Gli oggetti di uso quotidiano, le tazze, i vasi, le vasche da bagno, le armi e i gioielli della civiltà minoica - ma i manufatti afferiscono a vari periodi storici -  sono di una bellezza disarmante. E poi Cnosso.

Senza fermarsi mai

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 «Capirono che un libro era un labirinto e un deserto. Che la cosa più importante del mondo era leggere e viaggiare, forse la stessa cosa, senza fermarsi mai. Che una volta letti gli scrittori uscivano dall’anima delle pietre, che era dove vivevano da morti, e si stabilivano nell’anima dei lettori come in una prigione morbida, ma che poi questa prigione si allargava o scoppiava. Che ogni sistema di scrittura è un tradimento. Che la vera poesia vive tra l’abisso e la sventura e che vicino a casa sua passa la strada maestra dei gesti gratuiti, dell’eleganza degli occhi e della sorte di Marcabruno. Che il principale insegnamento della letteratura era il coraggio, un coraggio strano, come un pozzo di pietra in mezzo a un paesaggio lacustre, un paesaggio simile a un vortice e a uno specchio. Che leggere non era più comodo che scrivere. Che leggendo s’imparava a dubitare e a ricordare. Che la memoria era l’amore». Roberto Bolaño

Sette giorni a Lefkada

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Un ponte mobile lungo 50 metri collega Lefkada alla terraferma, appena superata la fortezza di Santa Maura, oggi in stato di abbandono. Un largo fossato e cannoni in bronzo ricordano il dominio dei veneziani sulle isole dello Ionio. Luogo montuoso e selvaggio, ricco di scogliere di roccia bianca, a Leucade (o Lefkada) la poetessa Saffo trovò la morte. È giugno e i ritmi sono pigri, una signora affacciata al davanzale di una finestra pettina un gatto e non risponde al mio saluto.  A quanto pare, quest'isola attrae non solo gli amanti del mare ma anche gli appassionati di escursioni. È montuosa e ricca di biodiversità: vigneti, uliveti, rocce multicolori, odore di macchia mediterranea. Corbezzoli, erica, mirto, cipressi, ginestre che esplodono di giallo sui declivi. Omero parlò di Lefkas che, però, non fu la Itaca di Ulisse, come scavi recenti hanno dimostrato. Posta a ovest della Grecia continentale, bagnata dal mar Ionio, è facilmente raggiungibile dell'Italia. Lefkada Town , a