Detriti - Giuseppina Luongo Bartolini ~ nota critica di Francisco Soriano

(Ringrazio il poeta Francisco Soriano per le parole dedicate a "Detriti" - raccolta di haiku di mia madre -, apparse su "Retroguardia", quaderno di critica letteraria a cura di Francesco Sasso e Giuseppe Panella).

RETROGUARDIA 3.0 – Miscellanea

Il verso inverso n.5: Giuseppina Luongo Bartolini, “Detriti. haiku ed altre terzine”

4 Ottobre 2023

Giuseppina Luongo Bartolini, Detriti.haiku ed altre terzine, Gazebo, 2002. pp.112


di Francisco Soriano

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Gli haiku sono bagliori, incandescenze, privazioni, silenzi, cecità. L’immagine fugace deve rendere rapida una rappresentazione: talvolta simultanea ad altre, qualche altra volta si inerpica sui sentieri dello spirito e fra le ellissi imperfette. Gualcisce fiori / la curva del tempo / nella clessidra – sono versi di emblematica e asimmetrica bellezza: nella corporeità di una clessidra, involucro del tempo che si arresta, fluisce senza conciliarsi né con il circolare moto orientale né con il lineare susseguirsi di diaframmi così cari alla temporalità occidentale.


Potenza della parola, audace compromesso con l’immediato – sogno crepuscolare o ascetismo silente della poetessa? Struggente presagio del domani, dell’oggi inesistente dietro la coltre intensa del già vissuto, Giuseppina Luongo Bartolini agita arie tipiche di una raffinata cultrice di una mistica sonata del Settecento.


In poesia molte possono essere le corrispondenze, cioè la complessa architettura di uno stile corporeo in osmosi con il significante e il linguaggio con il suo contenuto. La poetessa cura il contrappunto, quello che in un altrove dove nasce questa fantasmagorica terzina si concilia con il senso del vuoto e dell’illusorio fallace, cioè l’impossibile tutto che riempie solo di illusioni. Il nulla prende il sopravvento: l’indizio è nella fugacità dei versi.


Plagia rovine / circuisce occulta / la madreselva – è un haiku che esprimerebbe alla perfezione una immagine di René Magritte, sublimazione del reale e non, come appare alla moltitudine, espressione di un mondo sospeso e lontano. Le parole assumono la forma di un abbraccio quasi nefasto, circolare, dall’inesorabile opera del naturale che insinua nella sua corteccia, con fare lento e sistemico, le millenarie rovine di un umano distruggere. Plagia rovine è speranza riposta della poetessa, opera di una forza che modella in simbiosi con il tempo sul proprio passato, ben raffigurata dal neologismomadreselva. Nulla ci appare più ambiguo, ma anche peculiare della parola occulta – voluta, cercata, gettata in quel fragoroso silenzio del verso più lungo, già adombrato di un ritmo più sostenuto. Quale prisma di significati concede il miracolo della poesia?


Leggere un haiku è spesso pratica misterica. La sua purezza e “sfericità”, quest’ultima tipica metamorfosi della filosofia Zen, trasmettono il fantasmagorico senso del vuoto. Metafore e simboli ci appaiono senza significati ma, in realtà, sono ben delineati dalla comprensione dell’incongruo, del suo tragico silenzio. La poetessa di origini irpine ma beneventana d’adozione si immerge in un canone che risponde ai criteri dell’intensità e del metodo pittorico. È “imagista” consapevole di una forma che rompe con la tradizione, proprio interpretandone fedelmente la metrica, perché assolutamente scevra da tentazioni retoriche. E qui risiede l’abilità versificatrice, che intensifica in forme tonali ben definite che hanno la funzione di sublimare il “segno”, l’archetipo, la proprietà di una narrazione che detesta il già detto.


Rossofiorito, violaciocche, madreselva, capelvenere,muteparole, sono coraggiose evoluzioni verbali che attestano la semplice audace concisione di una prova d’arte a governare l’armonia del bello: l’haiku.


E i mandorli / sfioriranno sui corpi / insanguinati – è dramma umano, preludio di un tramonto. Le cosedel mondo si avvertono in questa deriva; sfiorisce la vita, il seme infecondo neppure si impianta nella terra gravida di sangue. Non tutto è perduto: fra i graticci / scuri del pergolato / quante lucciole. Disseminate nella loro fragile e brevissima vita, sono esse stesse fulgide luci; intermittenti, talvolta informi, miracolosi esseri dalle sembianze stellari. La poetessa sembra congedarsi, è sera, una brezza si adagia al suolo come se fosse mattino: è memoria intonsa, voce estatica, a ciascuna anima il suo dove.


Giuseppina Luongo Bartolini, nasce ad Altavilla Irpina, risiedendo e svolgendo la sua attività professionale prevalentemente nella città di Benevento. Si laurea in Lettere moderne ed esercita la professione di docente di Lingua italiana e storia. Preside della Scuola media è fondatrice e presidente del Soroptimist International di Benevento e del Cicas (Centro Italiano Cultura Arti e Scienze). Molteplici le apparizioni pubbliche per la presentazione delle sue opere, fra le quali nel 2006 presso il Caffè Storico-Letterario “Le Giubbe Rosse” nell’ambito delle iniziative culturali del Comune di Firenze, con le opere poetiche “La polvere dei calzari” e “Terra di passo”, affidate alla presentazione critica di Anna Maria Guidi e Giuseppe Panella. Lunga e tenace la militanza multiculturale della dottoressa Luongo Bartolini, insignita nel 1983 del Premio per la Cultura del Consiglio dei Ministri. Fin dai lontani esordi negli anni ’70, molteplici sono i suoi progetti per diffondere la pluralità delle conoscenze, dall’ambito letterario (sua l’ideazione e la cura della manifestazione “Beneventopoesia”) a quello scolastico (per la diffusione della poesia fra la popolazione studentesca), giornalistico (fondatrice e collaboratrice di molte testate letterarie) e politico (3 legislature al Comune di Benevento). È tra le fondatrici del “Gruppo Franco” per la diffusione multimediale della poesia. Le sue opere sono presenti in svariate antologie e, dal 1991 al 2002, ha pubblicato ben 10 sillogi poetiche. Intensa la sua attività fra narrativa e saggistica sulle questioni di genere, sulla presenza della minoranza ebraica in Benevento, sulla storia del Sannio. Per il Teatro, ha scritto le opere, Nicolò Franco Beneventano (1996) eSalvatore Sabariani, 1805-1854 – Una storia beneventana (1998). Giuseppina Luongo Bartolini si spegne nell’agosto di quest’anno, a Benevento.







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