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Visualizzazione dei post da gennaio, 2018

Napoli

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@Mario Spada Passano le voci nei vicoli, tra i panni stesi e i clacson. Non mi fido di nessuno e sono abbagliata da tutti, dalle voci che si arrotolano ed escono da bocche sdentate, vomitate da visi smunti, dalle labbra di donne oscene, lo smalto rosso brillante, la pelle urticata. Dove vado, dico, persa nella fila indiana che attraversa Via Marina, di fronte a me il Maschio sgranato di grigio nel cielo fosco, imponente come una menzogna - dove vado, il tempo non mi basterà per vedere tutto, con questa smania di voler capire cosa nasconde ogni vita, nel fondo cupo degli occhi, nelle parole che cadono come frutti vuoti. Le frasi che tradiscono dolorose aspettative, i canti di sirena che illudono l'esistenza e la fanno impavida come non sa essere.

"La mannaia" di Paola Presciuttini

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Credo che uno degli indicatori certi della potenza di un romanzo sia il fatto che i suoi protagonisti ci restino ‘dentro’ a lungo, anche a lettura finita. A me questo è certamente accaduto con “La mannaia”, di Paola Presciuttini, scrittrice toscana della quale avevo già apprezzato “Trotula”, anch’esso edito da Meridiano Zero, dove si narravano le vicende della prima medichessa della storia. Una sfida non facile, per l’autrice, affrontare il tema della peste che colpì l’Italia nel 1348 , giungendo nella dilaniata Firenze, già sfiancata da un’imponente carestia e da faide interne. La mannaia non risparmia nessuno: poveri, ricchi, orfani, notabili. Avanza con voracità impressionante, stana i sentimenti più reconditi, rende cattivi ed egoisti, tirando fuori, da ognuno, i peggiori istinti, in una lotta alla sopravvivenza che non salva neppure i rapporti tra madri e figli. Ed è appunto contro la meschinità umana che la Presciuttini punta il dito, riconoscendo alla peste il ruolo