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Annie Ernaux per Helgoland, giovedì 24 novembre presso la Libreria Masone

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Annie Ernaux è un'enigma, anche per chi, come me, la ama profondamente: i suoi romanzi sono disseminati di indizi, seguendo i quali il lettore può forse comprendere cosa la Ernaux vuol dirci. Che, cioè, la nostra storia individuale ( ogni storia individuale ) può essere raccontata per diventare  plurale . Occorre trovare le parole per dirlo: il linguaggio letterario mente , ponendo in essere una mediazione tra noi e la realtà. La materia incandescente dell'autobiografia richiede, invece, termini diversi, che sono quelli del nostro primo mondo (" le sole cose vere sono là ", scrive la Ernaux). È ciò che l'autrice sostiene ne "Il posto", il romanzo nel quale la sua scrittura svolta, per diventare "etnoscrittura". Il racconto dei singoli si trasforma in strumento per raccontare l'etica delle comunità umane. 📚 Di questo e di molto altro si è parlato ieri sera, in occasione dell'incontro organizzato,   presso la Libreria Masone di Beneven

L'inutile

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"(...) È difficile passare dall’inutile, la lettura, all’utile, la menzogna. All’uscita da un grande libro conoscete sempre quel sottile malessere, quel periodo di fastidio. Come se si potesse leggervi dentro. Come se il libro amato vi desse un viso trasparente, indecente: non si va per la strada con un viso così nudo, con quel viso denudato di felicità. Bisogna aspettare un po’. Bisogna aspettare che la polvere delle parole si sparpagli nel giorno. […] A cosa serve leggere? A niente o quasi. È come amare, come suonare. È come pregare. I libri sono dei rosari d’inchiostro nero, ciascun grano dei quali ti scorre tra le dita, parola dopo parola". Christian Bobin, da ‘Mille candele danzanti’.