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Visualizzazione dei post da settembre, 2012

Jean-Paul Sartre e Simone de Beauvoir - di Maria Antonietta Macciocchi

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L' amore di Sartre e De Beauvoir è l' amore del secolo. Incontornabile, assoluto, imperniato su un legame d' acciaio, come lo delinea Sartre: «Sognare ognuno per sé, scrivere l' uno per l' altra», nelle Lettere al Castoro e a qualche altra, che Simone pubblica tre anni prima della sua morte (Gallimard, vol. 2, 1983). «La mia vita non appartiene a me solo, voi siete sempre me, l' essere stesso del mio essere, il cuore del mio cuore». E ancora: «Non posso essere separato da voi, la mia vita non appartiene soltanto a me, voi siete sempre me stesso e non si può essere più uniti di quello che siamo voi ed io». Il Castoro, come la soprannomina Sartre, è il nobile architetto di casa Sartre (il suo nome si ispira a Cocteau nel Potomak); è la donna inevitabile e l' amore necessario. Tra loro c' è un patto di fedeltà o contratto, un legame limpido e misterioso: «Sarà così e resterà nella mia vita: avrò amato senza il passionale e il meraviglioso, ma dal
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"Il termine 'emozioni negative' designa tutte le emozioni di violenza o depressione: autocommiserazione, collera, sospetto, diffidenza, gelosia (...). Molto spesso l'espressione di queste emozioni viene chiamata 'sincerità'. Si tratta invece di un segno di debolezza nell'uomo, di cattivo carattere, di incapacità di tenere per sè i propri crucci. L'uomo lo comprende solo se si osserva e vi resiste. La loro comparsa è talmente rapida e familiare che è impossibile notarla se non si compiono sforzi sufficienti (...). Mentire, immaginare, esprimere emozioni negative e parlare senza necessità, sono espressione della meccanicità dell'individuo e della sua tendenza ad identificarsi". P.D.Ouspensky

Non c'è mai stato altro

"Tua madre fu solo la tua nave, smetti di mentire. Destati: solo sei nato e solo morirai. Scegli una vita che t'appartenga, siediti accanto all'ospite bendato e non temere il suo coltello. Non c'è altro, non c'è mai stato altro. Nel tuo nome comune, nella tua vita comune, non avrai fantastiche storie ma una vita all'altezza di ciò che tu vedi".  P.P.

La scomparsa degli intellettuali

Articolo di Giovanni Pili tratto dal sito 'INFORMARE PER RESISTERE'--------------------------------------------------------------------------- "Provate a immaginare Giorgio Gaber, che sprona il pubblico a ricordare l’epopea risorgimentale, ricordandoci i valori della Repubblica; proviamo altresì a pensare un De André che in persona fa da padrino allo speciale Tv “Quello che non ho” e magari ci decanta pure un elenco. Già che ci siamo, facciamo curare la trasmissione a Pier Paolo Pasolini. Fantascienza pura. Il ruolo dell’intellettuale non è quello di difendere le istituzioni del proprio paese, bensì quello di rovesciarle, seppur in senso metaforico. Oggi abbiamo innanzitutto una specializzazione dell’intellettuale, che diviene monodimensionale per meglio essere piazzato nella fascia oraria e per il pubblico a lui più affine. Il Travaglio, il Saviano, il Rizzo, si occuperanno per lo più di cronaca giudiziaria, ben lungi dall’approfondire il resto. Quindi l’altro val bene l

E quella gioia impenitente

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Tutti gli addii ho compiuto. Tante partenze mi hanno formato fino dall’infanzia. Ma torno ancora, ricomincio, nel mio ritorno si libera lo sguardo. Mi resta solo da colmarlo. E quella gioia impenitente d’avere amato cose somiglianti a quelle assenze che ci fanno agire. (Rainer M. Rilke – “Tutti gli addii che ho compiuto “)   Bretagna, estate 2012 - grazie a Lory Nugnes -