La porta sulla luna, di Cinzia Caputo
“Apollo Tu sei l’uomo cattivo, hai bello il volto (direi perfino buono). Veloce dentro il letto, sibili e mordi, fai un po’ come Apollo. Naso, lingua e denti – non sono sicura – mirano al gioco o al collo?” Poesia femminile per eccellenza, questa di Cinzia Caputo , che taglia e accarezza e soffre l’intensità della vita. Che conosce gli uomini e le donne e gli amori "senza ritorno" che invece sempre tornano, dato che sono iscritti nel codice dell’anima. “Quel che deve accadere, accadrà/poiché è già accaduto”, cantava Franco Battiato in una canzone che ascoltavo proprio l’altro giorno mentre tenevo, tra le mani, il testo di Cinzia: una sincronicità che mi ha commossa. I versi della Caputo usano il Mito e lo trasfigurano, sanno leggere nei segni e decifrarli come marchi fatali. Sentono l’infinito e quanto, il fuori, possa essere “stretto”; scoprono con ardimento il mondo perché, come Orfeo, sanno correre il rischio di voltarsi a "guardare”. *