Creta, finalmente

E dunque, Creta.

Perché ho aspettato tanto per conoscerla? La più grande isola greca, bagnata dall'Egeo e dal mar Libico, famosa per la sua storia e per la sua cucina.

C'era stata un'amica, molti anni fa. Ricordavo bene i suoi racconti e le avrei chiesto qualche dritta, se poi non ci fossimo perse di vista (si può liquidare con queste parole la fine di un'amicizia importante? La scrittura mente davvero con facilità).

Dunque si parte. Ancora una tappa in Grecia,  terra amata.

Heraklion è davanti a noi, con le sue strade, i vicoli disordinati, le case fatiscenti della periferia. Rutilante, rumorosa, orgogliosa città di mare, mediterranea e decadente.

Il suo Museo archeologico è imperdibile, proprio come leggevo nella guida turistica che mi sono portata dietro. Gli oggetti di uso quotidiano, le tazze, i vasi, le vasche da bagno, le armi e i gioielli della civiltà minoica - ma i manufatti afferiscono a vari periodi storici -  sono di una bellezza disarmante. E poi Cnosso. La stanza del trono. Il rosso delle colonne e la valle che si stende tutt'intorno, placida, immota.

Da Heraklion prende l'avvio il nostro viaggio, che proseguirà verso ovest e scenderà giù, fino al mar Libico.

Aerei che sfrecciano, ristoranti alla moda, turisti con i loro trolley, taxi, locali eleganti dove bere e tirare tardi. È questa la capitale che ci apprestiamo a lasciare...


stradine di Heraklion
Heraklion
                                                                            
                  

Museo Archeologico nazionale
        
                                                        

Cnosso
                              

Sala del trono, Cnosso
                     
                                                                  

(La morfologia di Creta è frastagliata.
Gole. Canyon. Altissimi rilievi. Grandi uliveti, vigneti, terra arsa dal sole. Ocra, giallo, pietra e sole. Non eravamo attrezzati per visitare le gole di Samaria, ed è stato un vero peccato. Pare siano davvero splendide).

A Kissamos ci accoglie una host meravigliosa di nome Konstantina, apparecchio per i denti e pelle candida. Ci fornisce un mucchio di indicazioni utili su dove mangiare e fare colazione. L'appartamento che fitta è semplice e delizioso.
La sera ceniamo pesce lungo il mare, poi il giorno dopo partiamo alla volta di Balos. La strada fila via liscia, tra sterrato da fare in auto (a velocità pari a zero), capre e gabbiani; il luogo è magico, stiamo in acqua tutto il tempo, senza peso né paturnie. 

(Sotto l'ombrellone leggo "Yoga" di Carrère: racconta - anche - di un cane che si chiama Feta e di una casa a Patmos. Soprattutto, racconta della continua ricerca di pace e unità del suo autore. Carrère è un bipolare, narciso, geniale, impossibile. Forse, senza la scrittura, non si sarebbe salvato).

Ma torniamo a Creta: ci aspetta la salita di ritorno dalla spiaggia di Balos fino al parcheggio. Impieghiamo circa un'ora a piedi e il cuore balza in gola: una vera e propria prova da sforzo...
Però il luogo vale la pena: i pensieri si sciolgono o, meglio, cambiano forma. Via dallo stress, dal lavoro, dal quotidiano che soffoca...

(Lattescente, brillante ruvido. Alabastro.

Il mare.

Nitore del cielo, sabbia. 

I rivoli d'acqua della risacca, un balsamo.

Braccia, mani, gambe. Mi riapproprio 

del corpo). 




Balos
      
                                                                           



Il Gramvousa restaurant ci è stato consigliato da Konstantina per fare una sosta lungo la via del ritorno: si mangia benissimo e ceneremo lì. È un posto un po' fighetto, con un bel giardino sul retro: covoni di paglia, bancali come tavolini, nasse e tappeti mentre si aspetta il proprio turno.

Il giorno dopo ci dirigiamo verso Elafonissi, dopo aver dormito in un hotel a due stelle come quelli che ricordavo da ragazza, semplici, con stanze piccole e letti scomodi. Arriviamo molto presto in questa spiaggia di culto dove tutto è davvero bellissimo, riesco a scattare qualche foto prima che arrivino quelli che qualcuno chiama i "lanzichenecchi". Una marea di turisti, coltello tra i denti, pronti a occupare ogni spazio disponibile. Non il posto ideale per noi, a questo punto...

Il giorno successivo raggiungeremo Kedrassos Beach, una spiaggia segreta che la solita Konstantina ci ha suggerito. Scogli e mare blu, poca gente, camperisti, un piccolo tratto da fare a piedi prima di raggiungere il mare.

Elafonissi
      
                                                                           

La mattina dopo, lungo la strada verso Chaniá, raggiungiamo un'altra taverna consigliataci dalla simpatica Konstantina. Si chiama Stomio e si sta proprio bene, tra papere e galline che camminano tra i tavoli. Salsicce. Moussaka. Insalata greca.
La cucina cretese è stata fortemente influenzata dai veneziani e dagli arabi; si mangia poco pesce, in realtà. Piuttosto,  molta carne, coniglio, maiale, agnello. Molta pita gyros, dakos,  taramosalada. Si spende poco e, generalmente, si tratta di  un'ottima cucina. Leggo di una tisana che è un elisir di lunga vita, a base di diktamon, l'erba degli dei, una sorta di origano grigio-verde che dona longevità e che pare sia anche un potente afrodisiaco. Ne comprerò due confezioni che mi faranno compagnia, spero, durante tutto l'inverno.

E poi arriva Chaniá.
Bella, bellissima. Il porto veneziano, le
contaminazioni di epoca ottomana, le fortificazioni,  le viuzze del centro, i negozietti, i palazzi storici. La Grecia "da cartolina", come direbbe un'amica, che piace tanto a noi italiani. 

Chania






Di sera Chaniá si tinge di rosa e di romanticismo, col faro che di staglia in lontananza, le luci delle taverne che baluginano sul pelo dell'acqua. I locali lungo il porto sono piuttosto fricchettoni; meglio un ristorantino come The well of  the turk, posto più all'interno, tra i vicoli, in grado di offrire una cucina nord-africana (a dispetto del nome) particolarmente stuzzicante e, soprattutto, diversa dal solito.
A Chaniá, antica capitale dell'isola, i dominatori hanno lasciato un'impronta di grande fascino che è possibile ritrovare nell'hamman lungo il vecchio porto, nelle facciate dei palazzi, negli incroci di strade che scendono verso il mare. 


Dopo Chaniá partiamo alla volta delle spiagge poste a sud ovest dell'isola. Il mar Libico è blu cobalto, profondo, minaccioso e affascinante.
Facciamo base a Plakias, filamento urbano carino e ben tenuto, con un litorale bellissimo, negozietti e deliziose taverne. Il nostro hotel è a un passo dal mare, c'è un'atmosfera tranquilla e rilassata e non mancano i collegamenti con le varie spiagge.

Preveli Beach la si può infatti raggiungere dal porto di Plakias grazie a un comodo barchino; è molto gettonata, a giudicare dal flusso di persone che la raggiunge e che stende ovunque asciugamani per accaparrarsi i posti all'ombra. Non è attrezzata ma c'è una piccola taverna.
Vi sfocia il fiume Megalopotamo, tra palmizi e oleandri. Sicuramente è suggestiva ma l'ho trovata troppo affollata, un vero carnaio, proprio come Elafonissi e Balos. 
Sul barchino, però, ho conversato amabilmente con un giovane italiano accompagnato da moglie e figli. Mi ha detto che era tornato a Creta per la quinta volta, che non bisognava mancare la visita al sito di Festos, dove fu rinvenuto il famoso disco di provenienza minoica con incisioni mai decifrate. Mi ha detto pure che a Berlino, dove vive, il clima è impazzito, perché in estate fa un caldo terribile per il quale non sono attrezzati, così la Grecia rimane il solo avamposto possibile, anche per i prezzi.

Molto meglio di Preveli è Skinaria, spiaggia che abbiamo raggiunto in auto il giorno successivo. Meta prediletta per chi ama le immersioni, è un luogo tranquillo con sdraio e ombrelloni, senza assalti da parte dei turisti e con un mare stupendo.

Skinaria

                                                                            
Suggestiva anche Triopetra beach, ampia spiaggia formata da due baie che si raggiunge attraverso uno sterrato: attrezzata e ventilata, è molto frequentata da noi italiani ed è caratterizzata da tre scogli di roccia stratificata che si protendono verso il mare. Una piccola taverna offre cibo senza pretese, affiancata da un paio di chioschetti.


                                                                        

Matala Beach è una spiaggia affollata di ombrelloni a perdita d'occhio. Il paesino conserva appena il fascino della beat generation: persone comuni, cantanti e attori che raggiungevano questa zona di Creta occupando le caverne preistoriche che costeggiano la spiaggia. James Joplin, Joan Baez, Bob Dylan ma anche Joni Mitchell, che le dedicò la struggente "Carey".
Pure qui troppa gente, automobili e bagnanti, parcheggio a pagamento (3,00 euro per l'intera giornata), bancarelle, bar, taverne e il motto "la vita è oggi, domani non esiste". Strade colorate, paccottiglia ovunque: il vacanzificio è servito.

Personalmente, ho trovato vera e affascinante Creta nelle sue parti ancora non aperte al turismo di massa: a Kalamaki,  per esempio, che vanta belle taverne e casette sul mare da fittare. L'abbiamo scoperta soggiornando ad Agia Galini. A proposito di quest'ultima: evitatela a piè pari. Si tratta di un paesello assai brutto, scelto solo per la sua posizione rispetto alle spiagge più  famose della costa sud, protetto dai venti e chiuso dentro un'afosa mezzaluna piena zeppa locali, tavolini, luci al neon. 
Kalamaki è sicuramente da preferire.


Trascorriamo l'ultimo giorno a Creta visitando i siti archeologici di Agia Triada, Festos e Gortina.
Sono imperdibili. Vestigia minoiche, 
micenee, ellenistiche, romane: uno spaccato importante della storia di Creta e del Mediterraneo tutto. Mi ha molto colpito, dirigendomi verso Gortina, vedere l'intera campagna disseminata di reperti: colonne riverse tra gli ulivi, basamenti di case, parti di templi. Proprio a Gortina furono emanate le prime norme utilizzate dalle società arcaiche in materia di diritto di famiglia. Esse sono visibili ancora oggi,  trascritte sulle tavole di pietra poste dietro l'odeon, disposte su dodici colonne. Le donne potevano ereditare il patrimonio familiare e godevano di una discreta autonomia.










L'aereo partirà in ritardo, ci fermiamo a mangiare in una piccola taverna di cui non ricordo il nome. Siamo lungo la strada del ritorno, a pochi chilometri da Festos. Il proprietario ci fa vedere con orgoglio i locali interni: quello che un tempo era l'ovile, con le aperture sul soffitto; le foto di famiglia alle pareti, belle facce consumate dal vento e dalla fatica. "Prima del corona qui era sempre pienissimo in ogni stagione" dice, un po' mesto.
Mangiamo bene, circondati da gatti, nel frinire delle cicale, sotto a un pergolato.
Mi preparo al rientro, ma è dura.
Quanto mi mancherà tutto questo!
La vita a piedi nudi, lo sguardo all'orizzonte, il vento, l'accoglienza dei greci, questo clima...
Per ora tengo con me un souvenir di Festos, il famoso disco esposto al Museo di Heraklion, magari mi aiuterà a sentire meno la nostalgia ...







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