L'irrequietezza di Ransmayr - Leggere mette le ali



Christoph Ransmayr, scrittore austriaco noto per il suo "Il mondo estremo", è uno degli autori scelti dal nostro gruppo di lettura nell'ambito della trilogia dedicata all'irrequietezza.
"Atlante di un uomo irrequieto", oggetto della nostra lettura condivisa, è un testo ipnotico, i cui racconti iniziano tutti con "ho visto".
Diario, narrazione di viaggi attraverso Paesi diversi, secondo una geografia poetica che sfrutta un linguaggio fascinoso e fotografico, il testo ha suscitato in noi reazioni differenti.

Io: "Trovo la sua prosa affascinante e misteriosa, forse dispersiva, qui e lì, ma le sue narrazioni rovesciano le immagini, come se l'osservazione della vita avvenisse attraverso un caleidoscopio capace di rileggerne il senso, o forse di scoprirlo per la prima volta".
Gabriella Moscati: "È piu bello il tuo commento dei suoi racconti.  Li trovo molto costruiti a tavolino... la struttura seriale con lo stesso incipit per poi spaziare nello spazio ma non nel tempo. Fatti di piccola cronaca, forse reale ma descritta in modo immaginifico...Direi proprio così, è un atlante costruito a tavolino...Ransmayr ha percorso il mondo e annotato qualcosa...qui tenta di ricostruire l'emozione del 'testimone' e, in qualche caso, ci riesce".
Io: "È innegabile, però, la sua capacità di costruire in prosa. È vero che è tradotto, ma immagino i racconti in lingua originale: ancora più seducenti, scalfiti sulla pagina. È un notevole scrittore".
Antonella Rosa: "La sua prosa è raffinata, i racconti scorrono con estrema facilità, proprio perché brevi. È bravissimo a descrivere i paesaggi, i personaggi che incontra. Dettagli che si trasformano in immagini perfette. Ransmayr è un geopoeta che narra il  rapporto con il mondo attraverso le sue emozioni, i suoi viaggi. Bravissimo quando descrive le catene montuose del Taigeto e la notte calda senza vento, chiara e sfavillante. Eppure, in questa calma, c'è qualcosa di ingannevole, di minaccioso. D'improvviso, guarda il cielo e gli diventa spaventosamente chiaro il perché di quest'angoscia: il nero ininterrotto. Nero come l'evento ineluttabile che scuote i personaggi del racconto 'La città spenta - Grecia'. Fino ad ora Ransmayr mi sta insegnando che nessun luogo è lontano se sai custodirlo dentro di te".
Savina Molino: "I suoi racconti brevi e con massima descrizione di paesaggi e personaggi mi hanno appassionato, alcuni più di altri, in particolare 'Herzfeld - Brasile', sia perché descrive un'araucaria, una pianta che amo moltissimo (molto presente nella mia città),  sia perché parla di morte e sepoltura con delicatezza. In generale mi ha reso partecipe (ho visto....). Questa raccolta di racconti sembra una finestra sul mondo che lui racconta tra incredibili avventure".
Io: "Anche a me il brano sulla morte e su quegli alberi ha rapito. Siamo impermanenti... Forse, osservare il mondo e descriverlo è un modo per resistere".
Patrizia Perifano: "Mi ha molto colpito 'Nella  foresta  di colonne - Turchia'. Ransmayr dà vita a racconti brevi che aprono a scenari molteplici. Ognuno vi legge quello che vuole, o vi trova quello che vuole. In questo dominano il silenzio, l'ombra, la storia, ma anche l'immagine del viandante (parola cara al romanticismo tedesco, il Wanderer), che affida irrazionalmente la sua scelta ad una monetina e poi vuole ribaltare la sorte, scendendo in acqua e girandone il verso. Ransmayr sembra un osservatore asettico, una cosa molto brechtiana. Ma, dietro le sue descrizioni, io colgo una sensibilità dolente. Quello che mi ha colpito di più nel racconto di cui dicevo prima: la magia del nome, Palazzo Sommerso; l' etimologia di Istanbul, dal greco 'is tin polin'; il passaggio delle navi via terra (mi ha ricordato Corinto e Suez); i macabri viali grondanti, dopo la conquista della città".
Antonella: "I racconti di Ransmayr sono stati per me 'esercizi visivi', la passione per la fotografia ha facilitato di sicuro la lettura del testo. La descrizione puntuale dei paesaggi e dei personaggi incrociati durante il suo girovagare, non ha fatto altro che rafforzare l'idea di trovarmi di fronte ad uno scrittore dalla prosa più che raffinata. Ho voluto immaginare l'autore nell'atto di scrivere a casaccio i suoi appunti di viaggio, e poi sistemarli. Una visione onirica che mi permesso di vivere ogni tappa coi suoi occhi, rielaborandola però attraverso il mio sentire. A differenza di Chatwin, l'irrequietezza di Ransmayr l'ho percepita più come la ricerca di una pace interiore che come una fuga perenne da se stessi. Parafrasando il titolo del libro di Alessandra Sarchi, posso dire che ho goduto della "felicità delle immagini" e del giusto "peso delle parole". Un «raccoglitore» di stelle, in ogni senso".

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