La memoria secondo James Salter



Leggere è pura passione, qualcosa che ha a che fare con l'esistenza stessa, con tutto ciò che ha significato.
"Quello che so della mia vita l'ho appreso dai libri", scriveva Sartre, ed è profondamente vero.
Si possono amare autori diversi, con stili differenti, apprezzandoli per ragioni sconosciute.
Io amo molto James Salter.
Il suo stile é perturbante, i suoi romanzi sono sempre una rivelazione, per me, eppure non ne ho mai parlato sul blog. Tocca talmente tanto le mie corde che cerco di tutelarmi col pudore, forse.
Sto leggendo "Bruciare i giorni", la sua autobiografia, e, come sempre, i suoi dialoghi frammentati, la purezza della parola, le frasi senza verbo, affidate solo ai sostantivi e agli aggettivi, mi commuovono. Salter è elegante. Non ha la pretesa di descrivere, nuda e cruda, la vita, almeno non come farebbe un Carver o un Philip Roth.
Nei fatti della vita si muove una sorta di magia, un fiume sotterraneo che lo scrittore individua, esalta, indaga e descrive sotto forma di memoria. Salter ci dice che il ricordo - l'unica cosa che conti davvero - può illuminare il racconto della vita dal di dentro. Questa è la sua forza e pure la sua peculiarità. 
La descrizione dei luoghi é come una fotografia scattata da mano tremante: l'immagine è sfocata, risaltano le sfumature, nella rarefazione dei contorni. I fiumi sono immobili, gli ambienti sono profumi ed angoli illuminati dal sole di ottobre. Anche i corpi sono muscoli tesi, sorrisi solo accennati, gesti, sguardi. Queste ombre fanno le cose, esaltano le vicende, le approfondiscono, danno loro spessore. La storia è nel ricordo che si radica in ognuno di noi, anche se la memoria é fallace, parziale, frammentaria, perché vive di sensazioni e di incantamenti.
La Nedra di "Una perfetta felicità" è descritta così: "Ciò che la preoccupa davvero è il cuore dell'esistenza (...). Il resto non significa nulla, viene gestito in qualche modo. E' di indole stravagante. Fa acquisti impulsivamente, va a Bendel come se andasse a trovare un'amica, afferra cinque o sei vestiti ed entra in un camerino, senza curarsi di chiudere bene la tenda, uno scorcio fuggevole di lei che si spoglia, braccia snelle, torso snello, mutandine (...). Ha ventotto anni, la adornano i sogni, che porta ancora appiccicati addosso; è sicura di sé, serena, è imparentata con le creature dal collo lungo, i ruminanti, gli eremiti. E' cauta, difficile da avvicinare. La sua esistenza è celata".
Nella sua fallacità, il ricordo diviene vero, più vero del reale.
Questa è la magia di Salter, questa la potenza del suo stile. 


"September. It seems these luminous days will never end. The city, which was almost empty during August, now is filling up again. It is being replenished. The restaurants are all reopening, the shops. People are coming back from the country, the sea, from trips on roads all jammed with cars. The station is very crowded. There are children, dogs, families with old pieces of luggage bound by straps. I make my way among them. It’s like being in a tunnel. Finally I emerge onto the brilliance of the quai, beneath a roof of glass panels which seems to magnify the light".

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