Irripetibili




Erano stati anni belli.
Aveva lasciato la casa di A., le stanze, dimenticato il cappotto, le scarpe. Una promessa di ritorno, l'incertezza dell'addio.
Nel nuovo appartamento, piccolo, semplice, preso in affitto, era stata felice.
Pareti gialle, vita.
Si sarebbe ricordata di ogni cosa, dopo.
Andava accumulando momenti, ritagli di giornale, fotografie, cartoline. Tutto le scavava nel cuore, meraviglioso.
L'odore di cucinato, l'allegria dei suoi figli, il suo ricostruirsi come donna.
Da dove ripartire? Sentire il flusso delle cose, andare verso il profumo. Rinunciare a tutte le zavorre, agli oggetti, alla consistenza del passato.
Inciampare in un altro essere umano - la fretta della carne, l'affanno del desiderio, la solitudine.
Riscoprire l'amicizia femminile, sentire di avere il tempo per comprendere se stessa.
L'otto dicembre e l'albero da decorare, nel vuoto d'un'immagine strappata.
Assaporare il mistero, esplorare. Godere di ogni cosa, scoprire il proprio corpo, rischiare. Accettare le delusioni, fluire.
Non essere mai contemporanea di qualcuno o di qualcosa.
Viaggiare, godere dei decolli, camminare nelle lunghe gallerie degli aeroporti, afferrare un bagaglio leggero, sentirsi libera. Organizzare il viaggio successivo. Scoprire negli occhi di suo figlio lo stupore del luogo.
Amplificarlo dentro di sé, respirarlo fino in fondo come fosse il suo. Era il suo.
Starsene intera, e sempre sparsa.
Non temere la solitudine.
Piano recuperare l'inciampo, fermarsi al centro.
Era quello, l'amore.

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