Butcher's Crossing - John Williams


"I giovani pensano sempre che si possa ricominciare".
E, forse, se si vuole restare giovani  occorre pensarla proprio così, mollando ogni volta le zavorre per mettersi in cammino, come fa Will Andrews, che giovane lo è per davvero e che decide di lasciare Boston e gli agi della casa dei genitori per affrontare la sua personale avventura nel mondo.
Pubblicato per la prima volta nel 1960 negli Stati Uniti, "Butcher's Crossing" (Fazi Editore) è un bellissimo romanzo, molto più che un western, scritto in modo mirabile ed è l'ennesima sorpresa che mi ha riservato John Williams, dopo la lettura del famosissimo "Stoner" e quella di "Augustus", biografia dell'imperatore romano.
Seconda metà dell'ottocento. Andrews arriva nello sperduto paesino di Butcher's Crossing - "bastava uno sguardo ad abbracciarlo tutto" - in caldo giorno d'estate e decide di affidare i suoi risparmi a un burbero cacciatore di bisonti, Miller. Il miraggio è di guadagnare molti soldi con la vendita delle pelli; ma per Andrews il sogno è diverso. Desidera guardare in faccia la vita, conoscerla per ciò che è. Parte così verso le montagne del Colorado assieme a Miller e ad altri due compagni scelti per l'occasione, esseri che l'esistenza ha già scalfito e piegato, per niente integri, dominati dalla disperazione e dalla solitudine.
Andrews comprende subito che lo scontro non è con i bisonti quanto, piuttosto, con la natura circostante: che procede imperturbabile e crudele intorno al loro confuso avanzare. L'estate sarà breve e  la neve li sorprenderà improvvisa, mettendo a rischio l 'esito della missione.
Lo stile pacato di Williams - preciso e tagliente come una lama di coltello - nulla toglie alla tensione narrativa che domina il romanzo dall'inizio alla fine. La descrizione delle valli, dell'irruente natura circostante, con la sua maestosa, tragica bellezza, è stupefacente. La tragedia è però sempre dietro le quinte. E non è tanto, o non solo, nella perdita dei compagni di avventura o del carico delle pelli, quanto nel dover affrontare la disillusione, il mutamento di prospettiva, la fatuità delle cose.
Il nulla, come scrive Williams sul finale, è ciò che Andrews intravede, come chiara luce sinistra che illumina ogni cosa.
Ciò nonostante,  "I giovani pensano sempre che si possa ricominciare".
Per questo Andrews lascerà il conforto di un amore e salirà di nuovo a cavallo, pronto a sfidare una nuova epopea di frontiera e, soprattutto, se stesso.

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