"La coscienza imbrigliata al corpo", secondo Leggere mette le ali





La lettura de "La coscienza imbrigliata al corpo", i taccuini di Susan Sontag pubblicati in Italia da Nottetempo Edizioni, a cura del figlio David Rieff, ha aperto un ricco dibattito all'interno del nostro gruppo. Alcuni di noi - tra cui la sottoscritta - sono rimasti folgorati dal testo, altri, invece, hanno provato una sensazione di rifiuto.
Riporto, qui di sotto, alcuni stralci delle conversazioni avute via chat (la chat letteraria "Leggere mette le ali"), poi ricondivise durante l'incontro che si è svolto nei giorni scorsi e che ci ha visti molto partecipi. E' interessante riportarle perché rappresentano senz'altro il punto di vista di lettori appassionati.
Ad alcuni del gruppo la pubblicazione è sembrata un'operazione commerciale, poco rispettosa dell'intimità dell'autrice. Ad altri, invece, è parso di conoscere più da vicino il mondo di un'intellettuale libera e intensa.


Antonella Rosa - "Susan Sontag era una donna particolare. Nella sua irrequietezza mi riconosco, mi rifletto in lei come in uno specchio. Barthes, nel suo saggio sulla fotografia ,"Camera chiara", in un passaggio sostiene che, con la fotografia, si coglie il kairos del desiderio. E questo mi riporta alla Sontag, ai suoi appunti, che rappresentano, per me, un costante ed ossessivo penetrare dentro se stessi".
Gabriella Moscati - "Io ne colgo il grande desiderio di dominare ed 'introitare' il sapere, metabolizzarlo per farlo ineludibilmente suo... Un' avidità e una voracità che spaventano e di cui lei è  cosciente. Tant'è che si domanda spesso se, tenendola a bada e non mostrandola per non intimorire gli altri, finisca per essere lei stessa non autentica ".
Io - "Avidità è il termine più giusto per descrivere la Sontag. Non era un'avversiva, proprio perché affamata di vita. Era stata ignorata da sua madre e desiderava essere amata, ecco perché temeva che la sua intelligenza e voracità potessero spaventare chi la circondava. Questi taccuini sono un'immersione vera e propria nella sua anima più autentica".
Gabriella Moscati - "Non fu certamente una donna facile e, nonostante la sua dichiarata fragilità amorosa, rigorosa ed eccessiva com'era, credo impaurisse molto i suoi amanti".
Io - "Certo, era rigorosa. Cercava di dare un senso alle cose. Era molto mentale e, per questo, molto affascinante, per me".
Gabriella Moscati - "Rigorosa prima di tutto con se stessa...ed eccessiva, come ho detto sopra, anche se cercava di camuffare il suo rigore per sentirsi accettata, ponendosi poi il problema di essere autentica. E' stata una vera figlia  del '68! Non si può  rimanere indifferenti!".
Nunzio Castaldi - "Cari, ciao a tutti. Volevo comunicarvi che ho reperito anche il primo volume del diario/taccuino della Sontag, che presto volentieri a chi volesse consultarlo. La lettura del nostro volume è affascinante e particolare, e non vedo l'ora di parlarne insieme. C'è un universo di rimandi e di pensieri che solo all'apparenza è frammentato, ma che in realtà è espressione di una personalità molto profonda e complessa. Rispetto all'altra raccolta di taccuini, Rinata, edito anch'esso da Notettempo, quello che stiamo leggendo pare sia più 'apprezzato'; ma ritengo utile avere chiaro tutto il discorso. La Sontag è una intellettuale di estremo livello".
Gabriella Moscati - "Concordo con te, è un universo di rimandi solo apparentemente frammentari".
Chiara Vesce - "Potreste indicarmi il fil rouge che collega questi interessanti appunti? Trovo che l'unica giustificazione di essi sia il bisogno di controllo. Nevrotico. Ovviamente generato da una personalità vorace e narcisista. Trovo estremamente interessante scrutare tra le pieghe scomposte di quest'animo (e non a caso uso il maschile)".
Io - "Per me il collegamento è una profonda passione verso la conoscenza di sé stessa attraverso il mondo e l'uso del mondo. Una passione certo condizionata da una mancanza d'amore, forse, ma sincera e volta all'evoluzione personale".
Chiara Vesce - "Devo procedere nella lettura per imparare ad amarla, un po' almeno. Per ora mi affascina, ma mi reca anche disturbo".
Io - "Davvero? Bello confrontarsi su impressioni diverse. Io invece provo un turbamento differente, una sorta di tenerezza verso la sua mal dissimulata fragilità".
Chiara Vesce - "Ecco, proverò ad approcciarmi così verso di lei: come dinanzi a una donna fragile, condizionata dal malamore della madre. Per ora la trovo una nevrotica disturbante: ci può essere anche questo, ma voglio aprirmi a lei".
Antonella Rosa - "Di solito, chi scrive un diario, scrive di pancia, senza riflettere, senza censura, senza invenzione o revisione. Magari anche senza nessun fine se non quello, appunto, di scrivere. Del resto, come la stessa Sontag ammette, il suo orgasmo è mentale. Lei scrive per godere, ossia gode attraverso la parola. E' un'esigenza psico-fisica, la sua. Una dipendenza che comprendo: sono stata sempre dell'idea che il punto G delle donne intelligenti sia la testa, legata indiscutibilmente all'alcova umida che giace tra le nostre gambe. È un unicum. Da qui la sua irrequietezza bruciante, febbrile, inguaribile, la sua insaziabile fame di conoscere, scavare, provare, (ri)tornare sui propri passi, (ri)tentare. Nella sua (in)consapevole fragilità, vi leggo un desiderio costante di non tracciare un solo solco, ma di coltivarne altri, per perdersi e (ri)trovarsi. Sembra farlo anche con freddezza. A tratti scrive di sé come se fossero appunti di cronaca. Io l'adoro per questo. Non si lascia afferrare, la seguo con la sua stessa irrequietezza...Lei non chiude un cerchio. Anzi, ne apre tantissimi, tant'è che ognuno di noi prova verso di lei un'emozione, sia essa di rifiuto o di accettazione. Qualcosa scuote. Siamo o non siamo come la Sontag, that's the question?! Stiamo leggendo i suoi diari, stiamo penetrando la sua intimità. Se fosse stata ancora viva, sono sicura avrebbe avuto un blog o avrebbe scritto post sui social".
Nunzio Castaldi - "Molto bello quello che scrivi, Antonella, e concordo. Tuttavia, trovo un po', come dire, 'scorretta' l'operazione editoriale di chiamare 'diari' quelli che più propriamente sono 'quaderni di lavoro' o taccuini di appunti, a volte anche semplici e dispersivi, che credo noi tutti abbiamo. Acquistai a suo tempo i 'Diari' di Andy Wharol e per il 10% (non scherzo) erano appunti e liste della spesa e bilanci entrate/uscite (dicono fosse molto tirchio). Il curatore ammetteva, tra le righe, l'uso scorretto del titolo diario perché, quando il lettore legge 'diario', crede, o spera, di entrare in qualcosa di intimo, di riservato, anche un po' voyeuristico. Voglio dire che la lettura che stiamo facendo non può ascriversi, precisamente, al genere letterario diaristico, come genere, appunto, ma è un'immersione in lampi fugaci, in note, in riflessioni appuntate che formano una rete straordinaria e che sicuramente nascondono ed aprono ad un mondo, ma che la Sontag redasse per mero scopo di utilità, per appuntarsi un'idea, per annotare una riflessione, per fissare spunti di canovaccio, o accennare trame; il che è una preparazione alla letteratura che non ha la pretesa di avere carattere letterario. C'è decisamente un interesse di tipo filologico e letterario, nello studio dei Diari, ma che forse è più utile a fornire indicazioni del contesto in cui la Sontag viveva e con il quale interagiva, piuttosto che indicazioni sulla Sontag profonda, sincera, anima e donna. Certo, alcuni passaggi in questo senso ci sono, ma rischiano di 'annacquarsi' in riferimenti che, qualche volta, mi risultano difficili o incomprensibili, perché solo per la Sontag - che li annotava - avevano un senso. Comunque, la ritengo una lettura illuminante e necessaria".
Antonella Rosa - "Sì, Nunzio, ma di certo il termine diari attira di più. Il lettore è famelico, è un voyeur, soprattutto se deve spulciare nell'intimità altrui".
Chiara Vesce - "Nunzio, hai detto meglio di me quale fosse la mia idea: non si tratta di un diario, e per questo credo sia più sincero. Si comprende dove va e dove gira la sua mente".
Gabriella Moscati - "Su questo sono d 'accordo! Ma ci sono appunti, spunti di riflessione e di ricerca profondi ed illuminanti, anche se non con 'stesura' completa".
Antonella Rosa - "L'intimità trascritta della Sontag mi riporta alla prefazione della Murgia per i racconti di Carver: una scatola di polaroid mosse, scattate a caso. L'abisso è lì, nella sbavatura mossa della polaroid, dove la bravura dell'autore lascia intravedere il contorno del vuoto senza mai svelarne per intero la profondità. Sono suggestioni letterarie, squisitamente personali".
Gabriella Moscati - "Leggo testualmente nei taccuini: Ho trasformato la mia coscienza morale in un idolo.La mia ricerca della bontà è corrotta dal peccato dell' idolatria. Più  consapevole di così!".
Io - "A mio avviso, teneva un diario con la consapevolezza di essere un'intellettuale e di voler essere conosciuta. C'era sicuramente, e malgrado tutto, un'idolatria nei confronti del proprio pensiero. Dunque, questo, è, per me, un diario un po' meno diario, tranne che nelle pagine dove domina il tormento amoroso. Lì è nuda".
Patrizia Perifano - "Sono perfettamente d'accordo con quanto scrivete. E vado oltre. Al di là del valore della Sontag come intellettuale, della sua sensibilità di donna, della sua indiscutibile tensione alla sofferenza, per pregresso e percorsi personali, mi contraria e delude questa manifesta operazione commerciale. Sì, Tullia, nelle pagine più tormentate la Sontag è un'amante nuda e abbandonata, della quale, però, sfugge la grandezza personale. O meglio, la si scopre nel riflesso delle sue illustri frequentazioni".
Maria Gabriella - "Ma no, Patti! C'è  un mondo di curiosità intellettuale dietro. Anche Virginia Woolf aveva illustri frequentazioni".
Chiara Vesce - "Vero: a me sfugge la sua grandezza, per ora. Per questo dicevo che la sto cercando. Ad essere sincera, come dicevo, mi appare come una nevrotica narcisista. Ma la sto cercando".


(Qui di sotto, un bellissimo articolo sulla Sontag apparso in rete:
http://www.pangea.news/susan-sontag-ritratto/)








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