Philip Roth secondo Benjamin Taylor: “Siamo ancora qui. La mia amicizia con Philip Roth”

 

Affetto, ironia, slancio amicale: sono questi gli ingredienti coi quali Benjamin Taylor, scrittore e regista americano, traccia il ritratto di Philip Roth nel suo “Siamo ancora qui. La mia amicizia con Philip Roth”, edito da Nutrimenti Edizioni.

 



Compagno degli ultimi anni di vita del grande scrittore americano, conosciuto ad una festa nel 1995 (“Quella sera Philip era tutto velocità e risate – la testa buttata all’indietro – e un talento soprannaturale per la battuta immediata”), Taylor non fa mai ricorso alla retorica o al facile sentimentalismo: Roth riempie le pagine di questo libro con tutto il peso della sua ingombrante, contraddittoria personalità, i suoi entusiasmi e le sue ossessioni.

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Si tratta di una testimonianza sensibile che mi ha avvicinata a Roth almeno quanto mi accade, ogni volta, coi suoi romanzi: perché Roth è Sabbath ed è lo scrittore seduttivo de “Inganno”, ma è pure il protagonista di “Everyman” e, nel fondo, il Seymour di “Pastorale americana”, che la vita piega e ferisce.

Non sarei andata d’accordo con lui: nevrotico, misogino e soprattutto narciso. Indicativo è il ritratto che ne fa l’ex moglie, Claire Bloom, nella sua autobiografia, in cui Roth appare preda di frequenti attacchi nervosi, ricoveri in cliniche psichiatriche: un bugiardo, per nulla empatico.

Scriveva per vendicarsi, per vendicare, dunque; per rispondere ai suoi nemici o per smentire. Per costruire il personaggio di sé, da vero conoscitore degli effetti che il tempo ha sull’uomo. Per sconfiggere l’oblio e l’idea della morte, così centrale a tutti i suoi scritti; perché era incapace di amare; per ammazzare il coacervo di emozioni che lo agitava. Desiderio, rabbia, disgusto, irrisolti che non avrebbe saputo affrontare altrimenti. In definitiva, la sua scrittura ha saputo nobilitare il fondo amaro della sua personalità, e non è un caso che la sua ultima prova narrativa abbia, come titolo, "Nemesi". Terminava, con questo scritto, quella che Roth definiva la sua "lotta con la scrittura".

Taylor sa raccontarci bene, e con affetto, la disperazione e perfino la tenerezza di un uomo che fu comunque scrittore ineguagliabile e, a mio avviso, ineguagliato. 


P.s. Ringrazio Antonella Rosa, che ben conosce la mia passione per il Roth scrittore, per avermi regalato questo testo.

 

 

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