I tre giorni di Pompei, di Alberto Angela




Erano vent'anni che Alberto Angela si interessava all'argomento e, vuoi per lavoro, vuoi per passione, visitava Pompei. Ne è venuto fuori un gran bel libro, "I tre giorni di Pompei", edito da Rizzoli nel mese di novembre del 2014 (490 pp).
L'argomento ha sempre appassionato anche me, da lettrice e turista curiosa.
Ma chi può restare immune al fascino di certe storie?
Ogni volta, visitando gli scavi pompeiani, si resta sorpresi dalla bellezza e dall'armonia del luogo: eppure, proprio in quello spazio geografico, si svolse la più grande tragedia dell'antichità.
Tre giorni furono sufficienti a cancellare Pompei ed Ercolano, fare numerose vittime a Stabia, Oplontis, Capua e a radere al suolo le numerose masserie e imponenti domus che si sviluppavano nelle campagne e lungo la costa.
La collina in lontananza non si era ancora trasformata nell'attuale Vesuvio, vi si facevano pascolare le greggi anche se, in certi tratti, il terreno appariva secco e la vegetazione brulla, quasi lunare; secoli prima dell'eruzione qualcuno aveva provato a teorizzare su vulcani spenti.
Invece il peggio doveva ancora venire e, purtroppo, ci fu poco da fare.
Molte sono le ipotesi che si accavallano sulla data dell'eruzione: Plinio il giovane fa riferimento al 24 agosto del 79 d.c. Ma molti elementi fanno pensare al mese di ottobre, in primis i dolia, i recipienti contenenti il vino prodotto in loco, trovati interrati e chiusi come solo dopo la vendemmia accadeva. Allora perché Plinio il giovane parla della fine dell'estate? Forse gli amanuensi, che hanno trascritto i testi antichi per riportarli fino ai giorni nostri, hanno commesso errori di traduzione che si sono trascinati di scrittura in riscrittura. In ogni caso, Angela propende per la tesi autunnale. E ci regala, col testo, tante piccole chicche e aneddoti inediti sulla vita dei pompeiani. Sul modo di vivere, amare, mangiare; sulla lavorazione del pane, sulle abitudini femminili; sulla prostituzione nei lupanari, sulla maternità e sulle relazioni tra gli schiavi e i loro padroni. Ci racconta anche di Ercolano, la vicina città abitata da liberti arricchiti: più elitaria, pulita, elegante.
Leggendo il testo, sembra di vedere ancora sagome passeggiare lungo le strade; si sentono i litigi nella tabernae, si resta incantati dalla bellezza delle donne. Si scorgono i piccoli chioschi dove era possibile consumare un pasto veloce, a mò di moderni fast food;e, in fondo,sembra di vedere le Terme Stabiane, le case dei ricchi. Gli affreschi, i colori, le decorazioni dei colonnati.
Nella descrizione dei corpi ritrovati, Alberto Angela sa dire con efficacia il dramma che si consumò in pochi istanti. Chi non riuscì ad organizzare la fuga nelle due ore successive alla prima esplosione, scelse di aspettare in casa che la furia del vulcano svanisse. Ma i flussi piroclastici  - uno, devastante, a Ercolano, prima della colata lavica, e ben tre a Pompei - non lasciarono scampo a nessuno.
Ciò che accadde dopo è storia: l'intervento di Tito, l'imperatore, a tutela dei territori devastati; le ruberie e gli sciacallaggi, la volontà di dimenticare l'evento, lasciando sepolte le due città sotto le pomici e la lava. Ormai Pompei non rendeva all'Impero, sempre assetato di gabelle, come un tempo.
Se ne parlò fino al Medioevo, poi su Pompei ed Ercolano scese l'oblio, fino alla metà del settecento, quando gli scavi iniziarono.
Insomma, un testo da consigliare per chi è già appassionato e per chi vuole appassionarsi.
Acquistando una copia del libro, parte del ricavato andrà a contribuire al restauro di un affresco di Pompei.

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