Trotula









Trotula De Ruggiero fu la prima medichessa della storia. Di lei si sa che discendeva dall'antica famiglia dei De Ruggiero e che visse nella città di Salerno intorno al 1050. All'epoca, Salerno era luogo assai rutilante, aperto agli scambi economici e culturali con tutto il Mediterraneo. Discendere da un nobile casato consentì a Trotula di frequentare le scuole superiori e di specializzarsi in medicina, campo nei confronti del quale aveva sempre mostrato vivo interesse.
Sposò il medico Giovanni Plateario, dal quale ebbe due figli, Giovanni e Matteo, che divennero anch'essi medici molto noti. Circa mille anni dopo la sua morte, Paola Presciuttini racconta, in un libro a lei dedicato, la sua incredibile storia, imbastendo un gran bel romanzo, intitolato appunto 'Trotula' e pubblicato da Meridiano Zero.
Si parte dall'infanzia della protagonista che, nonostante il destino delle donne fosse, al tempo, limitato alla cura della famiglia e della casa, seppe farsi subito apprezzare dal punto di vista professionale. Trotula De Ruggiero volle fortemente un'altra vita e seppe scegliere come marito un uomo intelligente, rispettoso della sua esigenza di autonomia. La Scuola Medica Salernitana, all'avanguardia e aggiornata, dove Trotula insegnò, non disdegnava, fortunatamente, le frequentazioni femminili. La nostra medichessa teneva lezioni seguite da tutti gli studenti, stralci delle quali furono incluse nel 'De agritudinum curatione', una raccolta di insegnamenti di sette grandi maestri dell'università. Inoltre, Trotula collaborò, col marito e i figli, alla stesura del manuale di medicina 'Practica brevis'. Emblematiche furono le sue parole, a proposito della salute femminile, che sempre la interessò: "Siccome le donne per natura sono più fragili dell'uomo, sono anche più frequentemente soggette ad indisposizioni, specialmente negli organi impegnati nei compiti voluti dalla natura... per pudore o per innata riservatezza, non osano rivelare le sofferenze procurate da queste indisposizioni. Perciò la compassione per questa loro disgrazia mi ha indotta ad esaminare in modo più approfondito i loro problemi". Fino al XVI secolo, i suoi testi furono tra i più utilizzati in campo medico e più volte trascritti.
Nel tempo, purtroppo, subirono non poche trasformazioni, tanto da essere, poi, attribuiti ad autori maschili (addirittura un fantomatico Trottus) o al marito. Nel XIX secolo, alcuni storici negarono la possibilità che una donna avesse potuto scrivere un'opera così importante e, pertanto, Trotula fu cancellata dalla storia della medicina. Detto questo, non sorprende affatto che Paola Presciuttini abbia voluto raccontarci (cosa che aveva già fatto con un testo teatrale), la storia di una studiosa capace di coniugare famiglia, maternità e lavoro. Nel testo, molte parti della vita della medichessa sono state oggetto di rivisitazione e diversi personaggi sono certamente frutto della fantasia dell'autrice (non ultima la figura del precettore, tra le meglio riuscite del romanzo). Ma questo non fa che arricchire lo scritto di spunti e riflessioni. Coraggiosamente, la Presciuttini fa parlare i singoli personaggi, capitolo dopo capitolo, dando voce a identità femminili e maschili che convincono in pieno. Non é cosa facile, per chi scrive, dar fiato a personaggi di sesso differente dal proprio. Ogni pagina convince e cattura l'attenzione, accompagnandoci lungo un percorso di vita affascinante. Trotula visse a lungo, seguendo un modus vivendi che dovette irrobustire soprattutto la sua volontà. Dalle pagine del romanzo sale un umore di spezie e erbe mediche, di malattia e guarigione, di cibo cucinato. Sembra quasi di avvertire il profumo di miele amaro dei capelli della protagonista, che invade il cuore e i sensi del suo futuro marito. Dovette essere una donna affascinante, Trotula, e così la Presciuttini immagina i tormenti del frate che le insegnò le arti e la grammatica, dandole la cultura necessaria ad accedere alla scienza medica. Insomma, un romanzo da leggere e da gustare, per scoprire le vicende di una novella strega che seppe salvarsi grazie alla sua cultura e alla sua appartenenza alla nobiltà salernitana. Ma che, sempre, s'impegnò a salvaguardare il diritto alla vita e alla salute delle donne, senza mai rinunciare a cercare, per se stessa, libertà ed autonomia.

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