Terra e futuro, di Sergio Cabras

L'incontro con Sergio Cabras, classe 1963, in una tranquilla serata trascorsa presso la Libreria Masone di Benevento, è stato il resoconto di una vita intensamente vissuta, coraggiosa. Sergio ha barattato con noi la sua testimonianza nel corso di una cena goduta, come sempre, all'insegna della filiera corta e dei chilometri zero. Non è un caso che l'incontro sia stato presentato da Donato De Marco, socio della Cooperativa 'Lentamente' e fautore, assieme ai suoi amici, di un serio 'ritorno alla terra'. "Sull'agricoltura c'è un forte presa di coscienza", ha detto Donato. "Parliamo, naturalmente, di coltivazioni non industriali. Sono divenute una necessità, una forma di emancipazione capace di nascere dal basso".
Cabras ha dato alle stampe ad aprile, per Eurilink Edizioni, "Terra e futuro", un libro che ha come sottotitolo 'L'agricoltura contadina ci salverà'. Ha vissuto tra Roma e i Castelli Romani fino a diciannove anni, poi si è trasferito in Umbria. Da subito si è impegnato a dar vita ad un'agricoltura centrata e ben integrata, seguendo il progetto del ripopolamento di zone rurali abbandonate. Vive sul Monte Peglia assieme ad altre persone che, come lui, sono state disposte ad affrontare enormi difficoltà - anche legali - per dar corpo ad un disegno che avesse a cuore l'eco-sistema. Dagli anni '90 Sergio conduce un'azienda agricola 'bio' di sua proprietà.
"Il concetto è sempre stato quello: tornare alla terra. Dopo gli anni '70 e la rivoluzione giovanile, molti di noi sentirono la spinta a vivere secondo criteri di libertà. Nel libro che ho scritto si cerca di offrire proposte perchè le leggi e la politica possano intervenire concretamente per dare maggiori possibilità, soprattutto ai giovani, di vivere diversamente, di tornare ad amare il proprio territorio. Di avere a cuore, insomma, il bene comune". E continua. "L'evoluzione economica di una società non deve andare necessariamente in una certa direzione. La politica ha il dovere di dare una mano. Sono migliaia gli ettari di terra abbandonati e tantissime sono le persone che non hanno lavoro. L'imprenditore cerca un profitto, il contadino - figura che sembra stia per scomparire e che il codice civile quasi ignora - è sempre 'altro': è spesso anche un artigiano, un operaio,un falegname, un musicista. Non è un lavoratore pagato ad ore o schiavo del datore di lavoro. Questo mio libro è un invito ai cittadini perché chiedano alle leggi vere risoluzioni. Interventi che rendano meno eroico scegliere un certo tipo di vita". Di Sergio colpisce la pacatezza, i modi gentili, la serenità. "Io mi considero un neo-contadino, nel senso che ho potuto scegliere un lavoro non fisso e, soprattutto, eticamente accettabile. D'altronde, ci sono processi che stanno tornando vivi, orientati ad ottenere un cibo sano, al di là dei grandi numeri. Se penso ai casolari che abbiamo occupato e recuperato e a quelli rimasti in mano demaniale, che sono andati tutti perduti, mi convinco sempre di più di aver scelto la strada giusta". Sergio ci ha poi offerto la lettura di alcuni brani del suo libro. "Appare evidente che i mercati contadini spaventano la grande produzione industriale. Eppure la deriva della terra dei fuochi, il cibo avvelenato, i casi di cronaca sempre più disperanti, sembrano indicare una sola direzione. Il dio mercato non può trionfare. Occorre recuperare la propria vita, offrirne una migliore ai nostri figli. Cambiare si può e si deve". Uscendo dalla libreria ho sentito salire, dai locali lungo la strada, un suono sordo, così lontano dai discorsi che avevo appena ascoltato. La collettività deve recuperare nuovi ideali, una diversa consapevolezza. Altrimenti nessun cambiamento sarà mai possibile.
(Nella foto, Sergio Cabras)

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