"Il fascismo secondo Pasolini" di Alessandro Viola

Primo di due figli, richiamato alle armi nel 1943, Pasolini fugge a Casarza con sua madre Susanna, mentre il fratello Guidalberto combatte come partigiano. Sono mesi di nascondimento nei quali Pierpaolo si scoprirà poeta e durante i quali nascerà quel legame madre-figlio che condizionerà per sempre la sua vita sentimentale.

Solo più tardi, quando tutta la famiglia si sarà trasferita in un quartiere periferico di Roma, nascerà il Pasolini scrittore con "Ragazzi di vita", il romanzo che lo consacrerà alla fama, al successo, alle critiche e, naturalmente, agli inciampi. 

Pasolini fu uomo libero e scomodo, assai lontano dalle rimasticazioni intellettuali tanto care ai suoi contemporanei.

Le sue riflessioni sul fascismo, peculiari e controverse, sono oggi raccolte in un saggio intitolato "Il fascismo secondo Pasolini (1942-1975)", di Alessandro Viola.

Se, per Benedetto Croce, il fascismo fu un "male morale" da debellare, per Pasolini c'era una nuova, pericolosa patologia contro cui lottare: la distruzione, a opera della borghesia, dei valori popolari. Ogni nuovo veleno, si sa, richiede il suo antidoto: secondo Pasolini, bisognava pensare a un diverso "antifascismo".

Da sempre, le parti politiche italiane hanno fatto proprie, a seconda della convenienza, le riflessioni di P.P.P. sull'argomento; pochi hanno saputo davvero decifrare la natura "letteraria" del suo linguaggio. Cosa realmente Pasolini pensava, del fascismo vecchio e nuovo? 

È su questa domanda  che si incardinano le approfondite riflessioni di Viola, che analizza un arco temporale di oltre 30 anni di scritti e dichiarazioni di Pasolini.

Studioso di Storia culturale e di Letteratura italiana moderna e contemporanea, Viola indaga il pensiero pasoliniano in tema di fascismo, analizzandolo sin dai primi contributi offerti e regalandoci una genealogia completa  e interessante. 


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