"Lacci", di Domenico Starnone




Domenico Starnone non è nuovo a scritti ironici e folgoranti.
'Lacci' (Einaudi, 2014), la sua ultima fatica, è un romanzo bellissimo.
Racconta di un uomo che, arrivato alle soglie della vecchiaia, prova ad affrontare i fantasmi della sua vita. C'è - dietro l'ordine apparente che diamo alle cose - qualcosa che rivela  di noi molto di più di quanto crediamo di saperne. E le domande si affastellano: è giusto rinunciare alla propria libertà in cambio della pace della propria coscienza?
Chi abbiamo vicino sa accontentarsi dei nostri sensi di colpa e della nostra riconoscenza?
Per chi agiamo, per noi stessi o per l'altro e, in definitiva, chi stiamo davvero danneggiando?

Sposatosi in giovane età, Aldo divide presto con la moglie un quotidiano fatto di piccole, meschine abitudini: due figli, uno dopo l'altro, la ripetizione costante dei gesti e delle parole, in quella oscura contabilità delle emozioni che spesso diventa il rapporto a due.
In questa soporifera relazione interviene Lidia: gentile, raffinata. Soprattutto, libera, nuda ed abbagliante.
Nasce un amore che trasforma Aldo in ciò che non ha mai avuto il coraggio di essere: un uomo entusiasta, forte, coraggioso, in grado di sovvertire l'ordine delle cose.
Quello che accade dopo è ciò di cui tutti facciamo conoscenza, nella vita: sensi di colpa, sofferenza, ricatto morale.

Qualcuno, insomma, consegnerà il conto, e sarà amaro, anche se non potrà scombinare realmente equilibri sedimentati.

"Non so dire con precisione quando cominciai a temere Vanda. E del resto non me lo sono mai detto in modo così esplicito - io temo Vanda -, è la prima volta che cerco di dare a questo sentimento una grammatica e una sintassi. Ma è difficile. Anche il verbo che ho usato - temere - mi pare inadeguato. Me ne sto servendo per comodità, ma è stretto, lascia fuori molto. Comunque, a voler semplificare, le cose stanno proprio così. Dal 1980 a oggi ho vissuto con una donna che, pur essendo piccola di statura, magrissima, fragile ormai nella sua stessa struttura ossea, sa come levarmi le parole e le forze, sa rendermi vile" (pag. 85).

Dunque chi è Vanda, alla fine? Un romanzo da leggere tutto d'un fiato, crudele, impietoso, che rivela molto della dialettica uomo-donna, e dei lacci che tengono in piedi le relazioni anche quando l'amore - se mai c'è stato - svanisce.


Una bella immagine di Starnone

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