Il Santo Natale

Eccolo che arriva, quest'altro Santo Natale, con quel 'santo' in maiuscolo, così stucchevole e estraneo. O forse solo infantile.
Ancora invidio (si fa per dire) quelli che sanno delegare: e dire che ci ho provato anch' io, ma mai fino in fondo sono stata capace di far dipendere da un sacerdote, da uomo o da un amore la mia identità. Una sera d'inverno, a Roma, passai sotto una palazzina e mi trovai a sbirciare, in alto, le finestre iluminate dalle luci calde, immaginando il tepore delle vite degli altri. Avevo diciotto anni. Erano esistenze che pensavo lineari, fatte di accondiscendenza, del desiderio di piacere a tutti. Vite non irrequiete, dove gli scopi sono giusti, e minimi, e quasi sempre concreti. Mi fecero paura, quelle vite, a immaginarle.

Ho visto qualche sera fa l'ultimo film di Woody Allen: il protagonista maschile era infelice, perché non voleva illusioni e aveva scelto di vedere le cose per quel che erano. Almeno, di provare ad avere uno sguardo netto, realistico. Ecco, quando inizi a capire che la tua indole ti porta a vivere così - nelle cose, più a fondo, e senza patetiche illusioni - sai pure che non sarai più felice, almeno non nel senso comune del termine.
E però c'è ancora qualcosa, che ci salva da noi stessi, da questo sguardo lucido: non credo, infatti, alla disperazione stabilizzata di cui parlava Moravia. Ed è la gioia di esserci 'nel momento', in un 'ora e qui' francescano ma non cattolico. Per scoprire che anche per molti altri è così e che pure loro sanno di cosa si tratta, o almeno si sforzano di capire:
in questa comunanza, in una simile ricerca, nella sincerità delle relazioni, voglio fare gli auguri ai miei compagni di viaggio, che sono tanti.

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