Ballata per la sirena ~ Arturo Belluardo
Siete pronti a immergervi
nel poema del mare, lattescente e infuso d’astri?
Perché è questo ciò che Arturo
Belluardo chiede ai lettori con la sua “Ballata per la sirena”,
edita da Giulio Perrone: di attraversare la sozzura del mondo, la sua
vertiginosa iniquità e bruttezza, per discendere sul fondo del mare, dove l’acqua
è tiepida e stordente e profumata, e arrivare fin dentro al ventre della dura madre,
all’origine di tutte le cose.
E’ un viaggio - il suo - che
reclama attenzione e costanza, perché si affida a una scrittura densa,
femminile, dolorante. Un viaggio che è pulsione di vita e - soprattutto - di morte, che è sesso e amplessi
misericordiosi alla maniera di Philip Roth, nell’impossibilità di un vero
ritorno.
Vita e morte sono, in
fondo, ciò che sappiamo: la medesima cosa.
Belluardo ricorre al mito
e la sua scrittura è colta, coltissima, inchioda il lettore fino all’ultima
pagina e lo tramortisce, facendolo sentire in colpa, responsabile di ciò che
accade nel mondo, degli uomini o dei migranti seppelliti per sempre nel nero fondale
(“un cimitero equoreo di scheletri bianchissimi (...), il mare li ha
riportati al minimo comun denominatore, ossa, ossa bianche”), del dolore di
chi è senza pelle, nel tormento degli amori irrisolti, per sempre anime vagule blandule in cerca di pace.
Belluardo crea parole fantasmagoriche
per dire il destino dell’uomo – di ogni uomo e del suo Telemaco - e per raccontare la maschera
sociale che lo tiene al mondo, perso in un ingranaggio subdolo. Il suo narrare trascina, tracima, inebria e stordisce, attrae verso il macabro e crea repulsione:
la sua sirena fa male e artiglia e commuove. La forza del romanzo non è solo in
ciò che racconta ma in come lo racconta e negli abissi in cui
costringe il lettore, sulle orme di Ulisse: “Odisseo, Odisseo, sei tu che
non trovi più pace dopo aver sentito il profumo di un’altra terra, di un’altra
donna, di un altro sogno. Sei stato tu, il primo migrante, scappato da una
guerra, cercando un’altra casa, che casa tua era una piccola isola (..) Hai cercato tutta la vita di tornare al luogo
estremo delle Sirene, (...) all’odore che ti avrebbe consentito di fermarti”.
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