Spazio Joy - un incontro a Verona con Luigi Grimaldi

 

 A colloquio con Luigi Grimaldi, amico e giornalista de 'L'Arena di Verona', a proposito del mio "I piedi del viandante", edito dalla Giovane Holden. 
 Eravamo ospiti, il 23 marzo scorso [2013],dello 'Spazio Joy', un luogo riconquistato situato al centro della città, per un dialogo intimo, supportato con garbo e intelligenza da Luigi. 
"Torno a Verona dopo molti anni con vero piacere, soprattutto voglio ringraziare, per questo, Luigi Grimaldi. A lui mi accomunano diverse cose, certamente il fatto di essere nati entrambi in una città del meridione d'Italia, segnata dalla storia e pre-romana: Benevento. Anche a distanza, ci siamo tenuti in contatto, amando la letteratura, le belle letture, la poesia. Vorrei parlarvi, qui,della scrittura come viaggio, come foglio di via per essere in tutti i posti possibili e scoprirsi, assieme, tante persone. 'Siate tante persone diverse', scriveva Karen Blixen. Credo, invece, che vedersi molteplici, attraverso viaggi e scrittura, serva poi a ridursi ad unità, che è ciò cui dobbiamo aspirare massimamente. La scrittura aiuta a riparare, a comprendere. Aiuta a osservarsi, a guardarsi in modo 'neutro'". 
 Luigi – "Come nasce, allora, la passione per la parola scritta?". 
 T. – "Pensavo proprio l'altro giorno a una vera e propria esigenza, collegata a una mancata integrazione. Per vari motivi, può succedere di non riuscire ad adattarsi: alla società così com'è, ai ruoli, nemmeno al nome che ci hanno dato. Non sono una psicanalista e non mi addentro in discorsi complicati che non saprei affrontare. Però, secondo me, si scrive anche perchè non ci si riesce ad adattare alla realtà. Non si può scrivere se non si è letto molto, moltissimo. Poi, però, dobbiamo dimenticare tutto ciò che abbiamo appreso, di vita e di scrittura, attraverso i libri.La scrittura è fatica, metodo! Non credete mai a chi vi dice che si tratta di solo istinto, di un andare a caso, aggiungendo 'materia'. Anzi, scrivere è innanzitutto eliminazione della massa inutile. Sempre". 
Luigi – "Filo conduttore de I piedi del viandante, è il viaggio. Cos'è per te, questo spostarsi?". 
T – "Credo sia tutto. Non sono stanziale, nessuno lo è. Scrivere è come viaggiare. Viaggiare è come scrivere, no? Su questo siamo tutti d'accordo. Allora, viaggiando, tutte le volte, ho provato innanzitutto a fare un viaggio dentro me stessa, prendendo appunti, scrivendo sempre. Spesso sono ritornata in luoghi già visti, amo molto farlo. Così, assai di frequente, sono tornata pure a parlare di personaggi e di epoche da cui mi ero già sentita attratta. Bellezza Orsini, per esempio". 
Luigi – "Tu ti senti più scrittrice di prosa che poetessa, mi hai detto". 
T - "Non sarei dirlo con certezza...l'importante è scrivere. L'altro giorno, mi sono ritrovata tra le mani un libro molto bello, 'La donna di Gilles', della scrittrice belga Bourdouxhe Madeleine. Sto per traslocare, sapete quanta vita s'accumula nelle case! Nella mia libreria ho trovato tanti piccoli pezzi di un puzzle che poi è stata la mia esistenza finora. Gli appunti presi a margine di alcuni libri, pagine intere di diario, tutto mi ha turbata e commossa. Ho pensato a quanto queste cose, queste tessere del puzzle mi tornino utili oggi, che ho un'altra età e mi pare d'aver camminato un po'... Tornando alla scrittrice di cui vi parlavo...Fu coetanea di Simone De Beauvoire, di Sartre, amica di queste due belle menti, che frequentava incontrandoli al caffè 'Le Lipp' a Parigi (la figlia ricorda ancora la noia con cui aspettava sua madre, anche ore, durante quegli incontri che, certo, la nutrivano e la esaltavano)...la B. è conosciuta per questo suo unico libro, 'La donna di Gilles', appunto. Il testo ha molto ha a che fare con la condizione femminile e la De Beauvoire lo citò anche ne 'Il secondo sesso'. Fino a che non è morta, a novant'anni, questa donna non ha fatto che scrivere, senza soste, nonostante il declino della sua fama, che durò il tempo del passaggio di una meteora. Era come respirare, come vivere, per lei. Ecco, per me se non c'è questa cosa, che è per la vita, non c'è vera scrittura". 
Luigi – "Bellezza, dicevi. Cosa ti ha preso, di questo personaggio?". 
T. – "Si dice che, nella vita, ci si occupi sempre del 'nodo' che non si è sciolto, e così accade anche nella scrittura. Quello in cui ci si imbatte scrivendo è un inciampo ignoto anche a noi stessi. Bellezza è l'inafferrabile, è la libertà che vogliamo per noi e che non sappiamo dare agli altri. E' desiderio di purezza, coraggio. Bellezza c'est moi, direbbe Flaubert. A breve pubblicherò un romanzo che la riguarda. Non si tratta di un romanzo storico, per carità, ma di una rivisitazione dei fatti a modo mio, così come avrei voluto che accadessero. Come vedi, caro Luigi, di scrivere – e tu ne sai qualcosa – non si smette mai".

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