Delphine De Vigan: "Da una storia vera "






La trama dell'ultima opera della De Vigan verte su un blocco creativo e su un incontro inquietante, alla stregua di quello narrato da Stephen King nel suo 'Misery'. L'incontro di cui dicevamo, e il susseguirsi di eventi, affidati a uno stile incalzante e mirabile, è solo un pretesto - il lettore se ne accorgerà in corso d'opera - per raccontare la fatica di scrivere e di narrare la verità.


Hemingway diceva - ed è una frase che mi è molto cara - che un bravo scrittore deve raccontare solo 'la cosa più vera che sa'. Partendo da qui, Delphine racconta sé stessa, la sua vita, i suoi inciampi, il suo rapporto col compagno Francois, la sua timidezza patologica. Mentre racconta, però, inizia l'inversione del vero, nonostante le intenzioni iniziali professate dell'autrice. Ma questo il lettore non lo sa, né può saperlo. Egli è, in fondo, solo un avventore distratto, che cerca indizi ma non vere risposte, poiché sente che una luce troppo netta toglierebbe incanto alle cose.

E, dunque, nello snodarsi della vicenda - che è avvincente , ottimamente narrata e tiene col fiato sospeso - chi legge si perde, smarrisce il filo, crede a ciò che viene descritto, fino all'epilogo, che è un capolavoro di inganno, auto-inganno e redenzione attraverso il narrato.
Cosa voleva dire, la De Vigan, si chiede il lettore a testo finito, quale messaggio ha voluto lanciare, servendosi di me? Fino a che punto, infatti, uno scrittore può essere autobiografico, nell'era del Grande Fratello, del privato rivelato e svilito sui social network e perfino nelle fiction?
Grande opera, 'Da una storia vera' analizza la scrittura al tempo di facebook, le difficoltà di chi si cimenta col romanzo e l'incapacità di dirsi che la realtà non esiste, che, come diceva il fisico Heisenberg, l'osservazione modifica il suo stesso oggetto e lo distorce.

"Il reale, ammesso che esista e che sia possibile restituirlo", scrive la nostra autrice, "ha bisogno di essere incarnato, trasformato, interpretato. E questo lavoro, qualunque sia il materiale di partenza, è sempre una forma di fiction".
L'inganno, la rivisitazione, la riparazione fanno parte dell'attività dello scrivere.
E gli scrittori sono " figli della vergogna, del dolore, del segreto,della disperazione".
Dice l'autrice: "Veniamo da terre misteriose (...), siamo dei sopravvissuti, ecco cosa siamo, ognuno a modo nostro e tutti allo stesso modo".



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