"La questione giovanile nella società postmoderna", di Claudio Marotti


Claudio Marotti è una persona che stimo e il suo libro, 'La questione giovanile nella società postmoderna' è un testo complesso, che meriterebbe ben altro spazio e riflessioni che non le mie. Scrivere del disagio giovanile è già una scelta difficile; farlo con l'umiltà e la determinazione che ho visto in queste centosessantasei pagine non è da tutti. E', dunque, questo, un libro importante, che ha come tema centrale i mali della nostra società liquida e postmoderna, le cui cause vengono indagate a fondo. Claudio Marotti ne osserva gli 'attraversamenti', le insidie, le solitudini e gli individualismi.
Leggendo il libro, scorrono davanti ai nostri occhi intere pagine di attualità che sembrano trovare, qui, una - dolorosa, ma necessaria - spiegazione. Capire può essere già 'resistere'. C'è stata la modernità, seguita dalla cosiddetta post-modernità, che ha fatto suoi gli effetti della globalizzazione. Ma cos'è realmente il 'progresso'? Sappiamo chi siano le vere vittime di uno scenario che si fa sempre più fluido, fondato com'è su sabbie mobili? Alienati i valori, lasciato sempre più solo nel meccanismo del mangia-consuma- crepa, l'uomo è preda del mercato, un burattino che fa e disfa in una continua, alienante insoddisfazione. "La questione giovanile nella società postmoderna", edito da Aguaplano, non è il primo libro che Claudio Marotti ha dato alle stampe. Da anni l'autore ricopre incarichi di responsabilità negli interventi a sostegno dei giovani nella Regione Campania. E'  Giudice Onorario presso la Corte d'Appello - Sezioni Minorenni di Salerno, ha collaborato con la facoltà di sociologia dell'Università Cattolica di Milano e ha pubblicato "La specificità del movimento sindacale italiano"(2006) e "Giuseppe Di Vittorio, L'uomo, la storia , il pensiero"(2008).

"Senza appartenenza", scrive Marotti in questo straordinario testo, "non c'è neppure riprovazione collettiva". Senza riprovazione, senza valori, senza limiti, la società post-moderna accelera la sua corsa verso il baratro: nessuno e nulla può più fermarla.
E cos'è mai il progresso, parola abusata e priva del suo originario significato, se l'uomo non cambia, ma cede all'idea e al bagliore delle passioni tristi?
"La mancanza di un futuro come promessa", sottolinea il Marotti citando Umberto Galimberti, "arresta il desiderio nell'assoluto presente. Meglio star bene e gratificarsi oggi se il domani è senza prospettiva".
Le dinamiche sociali del nostro tempo riguardano il clima complessivo che ha investito tutto il mondo moderno, soprattutto quello occidentale. Che mai è apparso, come adesso, così contraddittorio, in bilico, capace di influenzare (negativamente) i giovani: chiusi in un labirinto asfittico, nell'impermanenza perpetua, vagano senza sogni. Ma Marotti, che conosco e che apprezzo, non è affatto un pessimista. Crede nell'arte e nella cultura quali strumenti per non chiudersi in se stessi, per vincere il disagio sociale, per opporre la bellezza al modello consumistico. "Bisogna pensare la società in modo diverso, ricostruirla recuperando il passato e immaginandolo quale veicolo di valori profondi. La tecnica arida, fredda e senz'anima, non può dar più risposte, a questo occidente in crisi. Servono sensibilità e cultura. Quella che nasce dal basso, non quella istituzionale".

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