Palermo, nonostante

A Palermo tutto langue, sospira. La ripresa sembra lontanissima. Il palazzo semi crollato che sorge dinanzi al Comune, nella Piazza della Vergogna, é l'emblema di ciò che ancora la città patisce.


Immagini del mercato di Ballarò







Ballarò. Le foto sono mie, ndr.

Per capirla, questa Palermo disincantata, occorre abbandonare la zona periferica  o la nuova area residenziale e dirigersi dentro il suo cuore più autentico.
Innanzitutto Ballarò, quartiere in mano agli africani, agli immigrati, territorio di spaccio, prostituzione. Al mattino, il suo mercato ancora resiste. Con le verdure, gli odori, il pesce messo sui banconi, in bella esibizione di sé.
Mi dicono che non ci si trovi più la buona mercanzia di una volta e che manchi la ressa festosa dei tempi andati.
La trappola della grande distribuzione, così poco sana e assai poco certificata, ha colpito anche la Sicilia. Dove perfino a Pachino i pomodori arrivano dalla Tunisia. La Vucciria ritratta da Guttuso non esiste più. Il crollo di una palazzina ha costretto i venditori ambulanti a evacuare.
La Kalsa, antica quartiere arabo, a dimostrazione che Palermo è sempre stata multietnica, è invece in piena ripresa. Le strade sembrano libere dal traffico di motorini e lambrette; appaiono meno devastate dalla sporcizia e, qui e lì, si aprono locali che offrono cibo biologico e di qualità.

Negli antichi palazzi (quello della famiglia Mirto si visita ed è a due passi da Piazza Marina, la più bella, a mio avviso, di Palermo), si respira ancora la pomposità di un tempo, delle ricche discendenze palermitane. Tutto stride col 'fuori', col caos, con la sporcizia, il chiasso. Poche le isole pedonali, i commercianti non vogliono, ma il turista di passaggio soffre lo smog, l'odore della miscela dei motorini che invade le narici. Il nero dei palazzi, aggrediti dai gas di scarico delle auto, invade la sua visuale.

Di lontano, si intravede il mare, ospite, silenzioso e distante.
Custodisce forse i segreti delle famiglie normanne, con la sua perpetua iridescenza, simile ai mosaici delle volte del palazzo di Re Ruggero.

Enzo Sellerio amava dire che Palermo è una città a strati, e aveva ragione.
Non finisci mai di scoprirla e, anche quando ti infastidisce, provoca un effetto che assomiglia a un attaccamento.
Insomma, sei certo che ci ritornerai.
Pensi pure che 'è un peccato', e che vuoi capirci di più.
In tutta quell'immensa umanità, quel calore che viene da dentro, in tutto quel disordine meraviglioso, irregolare, l'ammaccatura di un passato che rivendica tutta la sua bellezza, a dispetto del presente, Palermo trionfa.

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