Salmo

Dio mio.
Mi sporgo sul luogo che tu non abiti e che tuttavia ti nasconde in cerca di un senso contro il richiamo del nulla. Sei tenebra. Eterna. Aleggi su acque deserte. Dentro il tuo abisso affondo gli occhi e la mia ansia. Come può celare la notte parole che non si possono dire? E come può il tuo grembo custodire una vita che non nasce? Il mio desiderio di te attinge a una sorgente prosciugata. È fatto di parole che non significano nulla, pietre abbandonate ai venti del deserto. Oltre i bastioni di quali galassie si nasconde ed esplode l'amen ove approderà in capo a mille crocifissioni la nostra storia?
Ove risuonerà la Parola senza più parole che racchiude tutte le parole, la Parola che dirà se stessa senza fine. Nel giorno in cui chi semina mieterà. Anche. E i monti stilleranno vino. Anche. E miele. Dal tempo vedo affiorare il mio tempo per poi ripiombare là di nuovo. Un guizzo pare sul velo dell'acqua che beve per un istante la luna. Neanche un impercettibile tonfo nel silenzio intatto della notte e tutto è già com'era prima. La vita altro non è che un'increspatura sul sudario d'acqua della morte. Un attimo rubato al suo dominio. Non hai tempo di accorgertene. Non lascia traccia.



(Mario Bertin, Salmo, Servitium 2001)

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