Jean-Paul Sartre e Simone de Beauvoir - di Maria Antonietta Macciocchi

L' amore di Sartre e De Beauvoir è l' amore del secolo. Incontornabile, assoluto, imperniato su un legame d' acciaio, come lo delinea Sartre: «Sognare ognuno per sé, scrivere l' uno per l' altra», nelle Lettere al Castoro e a qualche altra, che Simone pubblica tre anni prima della sua morte (Gallimard, vol. 2, 1983). «La mia vita non appartiene a me solo, voi siete sempre me, l' essere stesso del mio essere, il cuore del mio cuore». E ancora: «Non posso essere separato da voi, la mia vita non appartiene soltanto a me, voi siete sempre me stesso e non si può essere più uniti di quello che siamo voi ed io». Il Castoro, come la soprannomina Sartre, è il nobile architetto di casa Sartre (il suo nome si ispira a Cocteau nel Potomak); è la donna inevitabile e l' amore necessario. Tra loro c' è un patto di fedeltà o contratto, un legame limpido e misterioso: «Sarà così e resterà nella mia vita: avrò amato senza il passionale e il meraviglioso, ma dal di dentro». Si è ancora sbalorditi, in questa epoca stravolta dalla fanghiglia che si è rovesciata su Roma con l' esibizionismo sfrontato dei gay, da questo legame limpido e misterioso dove si mescola il matrimonio dell' anima e il libertinismo. Uniti è una parola forte ma c' è amore e libertà, trasparenza. Sognare ognuno per sé e scrivere l' uno per l' altra. Pure in questa estrema intimità Sartre darà sempre del voi a Simone. È un segno di distanza, o al contrario è una scelta, una distinzione d' élite? Mentre Sartre dà del tu a una folla di gente che gli sta intorno alle università, in strada, al caffè, anche Cohn Bendit nel 1968 dà del tu al filosofo, al teatro dell' Odeon: «Sartre sii breve e chiaro». Sartre ha molte altre donne nella sua vita. Anzi è uno che preferisce la compagnia delle donne, che reputa più vitali, più vere. Curiose relazioni le sue: dopo Olga, Michèlle, Wanda e Arlette, la figlia adottiva algerina, e alla fine ci imbattiamo perfino in Sagan. Va a letto con loro, ma è il Castoro che predilige, anche sessualmente. Le racconta tutto, in una vertigine di lettere. La passione per la scrittura di lettere d' amore non è italiana. Da noi si scrive poco e niente e solo nei corridoi delle scuole o dentro il metrò e sui muretti scalcagnati dei luoghi di villeggiatura, si legge scritto con lo spray: ti amo. Per l' innamorato italiano scrivere è una fatica da levare il fiato e leggere lo è ancora di più. Una volta ho chiesto a un uomo per cui avevo provato affetto se ricordava un certo passaggio di una mia lettera: «Quale?» rispose, «Me ne hai scritte tante». Nella sua voce c' era una sorta di tedio. Sartre e De Beauvoir, quasi un pianeta sconosciuto, fanno invece della scrittura lo scambio intellettuale più elevato. Un' intesa indelebile che resterà per sempre il metro di giudizio anche sul valore di un' opera. Ed è così che Sartre scrive a proposito dell' Essere e il nulla invocando Simone: «Voi, mia prima lettrice, mio "censore", mia buona consigliera, mia coscienza morale, mio occhio, mio orecchio, mio testimone, giudicatemi! Quello che scrivo non esiste finché non avrò il vostro verdetto». Qualcuno ha parlato del ruolo castratore di Simone sul grande filosofo. Invece è Sartre che farà di lei il suo lettore privilegiato, tanto che alla vigilia della morte confesserà: «Il Castoro mi ha fatto scrivere centinaia di pagine nella mia vita, mi ha fatto riscrivere intere commedie: lei è il solo critico che abbia contato per me». Nella Cérémonie des adieux De Beauvoir che non si stanca di sorreggerlo nel suo modo caloroso, severo e geniale, racconta che tra il 1941-42 ogni mattina lei si installava al Cafè Flore per iniziarsi alla Fenomenologia dello spirito perché sapeva che Sartre scriveva notte e giorno L' essere e il nulla, e che avrebbe avuto bisogno della conoscenza di Hegel. Chissà perché è stato fatto tanto scandalo attorno a quel libro che Simone scrisse senza infingimenti raccontando gli ultimi giorni di Sartre morente, con verità precise, quasi un rapporto clinico. Sartre un po' inebetito, Sartre che non trova le parole, Sartre che perde la memoria. L' accusano di aver violato l' intimità del grande uomo. In verità lei era fedele al contratto, sorta di patto di immortalità che esisteva tra loro da sempre: dirsi la verità fino alla fine, rispettare la trasparenza voluta e teorizzata da Sartre. Un libro come questo fa paura perché richiede il massimo di lucidità e di libertà, nel presentimento che nascerà tra uomo e donna un «regime nuovo», sorta di vertice di una nuova moralità. Non amano il denaro. E quando Sartre rifiuta il Premio Nobel respingendo anche la montagna di soldi che lo accompagna, egli intende compiere un gesto epico contro l' avidità del denaro, il mercimonio della scrittura, contro la fame dell' oro. È l' altra sua grande intuizione morale valida più che mai per i nostri tempi, dove tutto si compra e si vende, cinicamente. Sartre aveva seguito De Beauvoir nella scrittura de Il secondo sesso poi, ribaltando la prima stesura, annullando la parte di racconto storico, la spinse a far esplodere la verità mai detta sulla crudele situazione delle donne, la schiavitù, il servaggio femminile. Una lotta a morte si sarebbe ingaggiata perché Il secondo sesso trovasse la propria eguaglianza e libertà in una lotta che sovvertiva tutti i vecchi canoni del pianeta. Ne nasce una sorta di Bibbia per le donne inalberata come una bandiera sul pianeta per una nuova strategia di battaglia. Anche per Simone tra gli amori «contingenti» quel che prevale un giorno è l' amore necessario. Castoro s' imbatte, appena sbarcata in America, nella sua grande passione «transatlantica», per un bell' americano biondo, lo scrittore Nelson Algreen. Nel taxi che li conduce all' hotel l' uomo la bacia, lei è felice. Nei Mandarini, lei racconta nei dettagli l' audace relazione erotica che la legherà ad Algreen. Lo chiamerà «il mio caro marito», frase mai usata nel rapporto con Sartre. Algreen diventa il suo magnifico amante che le fa dimenticare la pesante schiavitù del matrimonio; e l' eroina «tutto cervello» scopre infine il piacere sessuale. Scrive nei Mandarini: «Il mio corpo si levava infine dalla terra dei morti. Tutta la mia vita era stata una lunga malattia». Non è certo Sartre, piuttosto bruttino, piccolo, l' occhio strabico che avrebbe potuto ispirarle scene sessuali di passione come questa: «La mia bocca scese lungo il suo petto, sfiorò l' ombelico infantile, il pelo animale e si appoggiò sul sesso dove sentì battere un cuore a piccoli colpi» (da I Mandarini vol 2, pag. 55). Ma Castoro, fedele al suo patto con Sartre, sorta di contratto per un' unione assoluta, rifiuta di seguire il suo amico americano e tornerà da Sartre che la reclama a Parigi. Algreen è furioso, questa celebre intellettuale parigina non è una vera donna. Egli butta via le sue lettere (solo ora sono state faticosamente rintracciate) e ostenta verso di lei l' oblio, anche se Simone continua a scrivergli tutta la vita e quasi ogni giorno. Sono stata amica di Sartre e De Beauvoir fin dagli anni del mio arrivo a Parigi nel 1960. (Ne parlo a lungo nel mio libro Duemila anni di felicità. Diario di una eretica, Il Saggiatore). Lui l' avevo incontrato a un dibattito culturale. Non mi lasciò finire l' intervento tanto aveva fretta di esclamare: «Le italiane sono così tutte intelligenti come lei?». Poi andai più volte a trovarlo al Boulevard Raspail, nel suo modesto appartamento che sta davanti al cimitero Montparnasse, dove adesso riposa. Quando si svolsero a Roma i funerali di Togliatti (28 agosto 1964), Sartre era a Roma e l' Unità mi spedì all' Hotel Nazionale per chiedergli un commento funebre. Lui lavorò tutta la notte e l' indomani mi diede 12 cartelle nitide, dall' alta calligrafia, intitolate «Il mio amico Togliatti», che sempre conservo. In quello scritto non vi era un giudizio politico sul leader comunista o sul comunismo, ma sgorgava sempre il suo sviscerato amore per l' Italia, per il suo scintillante patrimonio culturale. Simone la conobbi a Roma. Era molto bella, come tutte le donne che possiedono quell' indecifrabile fascino che viene dal pensiero e dalla parola colta. Questo charme assoluto è quasi impossibile da far capire alle nostre bambolone televisive, tutte seni e sederi che ci propinano dal video le sole 100 parole che conoscano. Simone era stata conquistata dal mio libro Lettere dall' interno del Pci a Louis Althusser e contro la canea comunista mi difese, scrivendo una lettera di ammirazione e di invito al coraggio. Poi organizzammo insieme a Parigi una spedizione per difendere la libertà delle donne iraniane dopo il colpo di stato di Khomeini (marzo 1979). L' ultima volta la trovai a Roma in piazza del Parlamento con Sartre, seduti a un piccolo caffè, ora scomparso. Sartre sorseggiava un bel bicchierone di vino dei castelli che gli avevo offerto. Lei si arrabbiò dicendogli che non doveva bere, lui si scusò: «Non è un bicchiere, è un dono che mi è stato gentilmente offerto da Maria Antonietta». Lei tacque ma mi guardò con disaccordo, quasi con ira. Scrivendo adesso di lei, Simone mi appare una stella solitaria, ma dalla luce accecante, in un firmamento spopolato di donne di ingegno. Sartre e De Beauvoir avevano percorso, insieme o separati, le strade del pianeta in tutte le direzioni, come monarchi di uno stato senza assise. Scoprivano viaggiando le tremende realtà dell' universo, la ferocia degli uomini contro la libertà dei popoli e delle donne. Avevano vissuto New York, Pechino, il Messico, Mosca, Venezia e l' «enorme esistenza carnivora di Napoli» (Sartre); e la notte di Cuba che palpitava fino all' alba come un continuo vibrare di insetti dalle ali trasparenti. Lui è l' uomo dalla parola d' oro. Il suo è una sorta di Vaticano dell' idea. Roma è dove io sono. La chiesa di Sartre non ha un territorio così come quella di Simone. Al suo pensiero si rifà ogni movimento di libertà, ogni giovane rivoluzione, ogni sommossa per l' indipendenza che fanno scaturire da lui parole indimenticabili come quelle per salutare la Palestina libera o come quelle dedicate all' indipendenza algerina, per cui scrisse la famosa prefazione I dannati della terra (che introduceva al libro di Fanon). Intanto in Francia esplodeva il ' 68. Sartre morì il 15 aprile 1980, 50.000 persone seguivano il convoglio funebre fino al cimitero di Montparnasse; omaggio del popolo, unico nel secolo, a testimonianza della statura morale e culturale del filosofo, nato 75 anni prima. Dopo la morte di Sartre, con gli anni, De Beauvoir non pensa più che le donne stiano vincendo la partita. Addolcisce il tono implacabile. «Sono stata ingannata», esclamerà alla fine della sua grande opera La forza delle cose. Nella sua mente freddamente raziocinante lei non dirà più, come da giovane, per ogni nuova scoperta «È la prima volta»; bensì «Mai più». «È arrivato il momento di dire mai più», ella scrive. «Non sono io che mi stacco dalle vecchie felicità, ma loro da me. Mai più i sentieri della montagna, mai più la neve del mattino, mai più un uomo». Quando morì Simone, il 14 aprile 1986, aveva 78 anni. All' ospedale Cochin, visitai il suo corpo esposto e mi commossi fino alle lacrime vedendo sulla sua mano brillare come una fede, l' anellino che le aveva regalato Algreen. Un corteo di 10.000 donne venute da tutta la Francia, dall' Europa e dal mondo sfilò, compatto come la Senna, fino al cimitero di Montparnasse, dove già Sartre era stato seppellito in un altro aprile. La bara fu calata nel sepolcro e ci parve udire la voce di Sartre che bisbigliava: Castoro... Così lontani, così vicini. I PROTAGONISTI: Destini incrociati di un filosofo esistenzialista e di una scrittrice femminista Jean-Paul Sartre, uno dei capiscuola dell' esistenzialismo filosofico e letterario, è nato a Parigi nel 1905. Nel 1924 entra all' Ecole normale supérieure stringendo amicizia, tra gli altri, con Raymond Aron e Paul Nizan. A quegli anni risale anche il legame con Simone de Beauvoir, che resterà la sua compagna per tutta la vita. La sua prima opera è L' immaginazione, del 1936, che precede di poco i primi scritti letterari (La nausea, 1938 e Il muro 1939). Nel 1943, il dramma Le mosche ottiene un buon successo, offrendo a Sartre quella fama che la sua grande opera filosofica, L' essere e il nulla (1943), non gli aveva ancora dato. Nel 1945, lasciato l' insegnamento di filosofia (che aveva iniziato nel 1929), si consacra alla scrittura e all' impegno politico fondando insieme a Simone e a Maurice Merleau-Ponty la rivista Tempi Moderni. Nel 1947 dà vita con Rousset, Rosenthal e altri a un nuovo partito di ispirazione marxista: il Rassemblement démocratique révolutionnaire. Nel 1950, però, si riavvicina al Partito comunista francese del quale resterà un «compagno di strada» critico e con il quale romperà totalmente nel 1968 dopo l' invasione della Cecoslovacchia, nel clima della contestazione del maggio. Nel 1964 la rievocazione autobiografica Le parole gli vale un premio Nobel per la letteratura da lui rifiutato. Muore a Parigi nel 1980. Simone de Beauvoir è nata a Parigi il 9 gennaio 1908. Fino alla maturità studia nel cattolicissimo Cours Désir. Abilitata all' insegnamento della filosofia nel 1929, insegna a Marsiglia, Rouen e Parigi fino al 1943. Il romanzo L' Invitata (1943) è considerato il suo debutto letterario. Tra gli scritti successivi, Il sangue degli altri (1945), I mandarini (1954) e i volumi dell' autobiografia iniziata nel 1958 con Memorie di una ragazza perbene. Oltre al saggio Il secondo sesso, scritto nel 1949 e considerato opera di riferimento del femminismo mondiale, il lavoro teorico di Simone de Beauvoir comprende numerosi saggi filosofici e polemici come Privilegi e La terza età. Dopo la morte di Sartre, ha pubblicato ne La cerimonia degli addii (1982) e in Lettere al Castoro (1983) parte della loro corrispondenza. E' morta a Parigi il 14 aprile 1986. Macciocchi Maria Antonietta Pagina 29 (20 agosto 2000) - Corriere della Sera

Commenti

  1. Forse la frase che più caratterizza la coppia Sartre - De Beauvoir è «Sognare ognuno per sé, scrivere l' uno per l' altra».
    Per me, viceversa, l'ideale sarebbe l'esatto contrario: «Scrivere ognuno per sé e sognare l' uno per l' altra».

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  2. Ognuno, in amore, fa quel che può. A loro due va riconosciuto l'obbligo della verità, con qualche pena in più per Simone...Poi, però, bisognerebbe chiedersi perchè lei portava, sul letto di morte, l'anellino regalatole dal suo amore americano...

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